Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti

Il Marchese Giulio Sacchetti per oltre trent'anni è stato al vertice dell’Amministrazione dello Stato della Città del Vaticano, da quando Paolo VI, abolendo le cariche istituzionali e di cerimoniale ricoperte dalla storica Corte aristocratica, gli chiese di rimanere - unico laico.


Fu così insediato nel Palazzo del Governatorato, con il titolo di delegato speciale della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e svolse un lavoro amministrativo per uno Stato che ha tutte le caratteristiche d’un Paese moderno: sotto il suo controllo, la Guardia Svizzera, la Guardia Palatina, l'emissione delle monete e dei francobolli, la gestione del personale, la onservazione degli immobili interni ed esterni alle mura, la gestione dell'Annona e di tutto ciò che serviva al Vaticano in quanto Città. Il suo ruolo comportava un misto di oneri e di onori comprendenti anche l'accoglienza in veste formale dei capi di Stato stranieri, che venivano da lui accompagnati alla porta degli appartamenti del Papa, dove l'udienza avveniva in privato. Durante quei colloqui riservati, Giulio Sacchetti rimaneva ad intrattenere gli accompagnatori degli augusti ospiti. Ha firmato anche gli impegnativi contratti dei restauri della Cappella Sistina e seguito importanti lavori d'edilizia, fra i quali l'avvio del progetto di riedificazione di Santa Marta come albergo per i Cardinali durante il Giubileo e residence durante il Conclave. Quella del Marchese Sacchetti è stata una carriera unica, esterna ai temi politici e teologici, in rapporto diretto con il Santo Papa Giovanni Paolo II ed alle dipendenze gerarchiche del Cardinale Segretario di Stato. Giulio Sacchetti è stato l'autore di un libro intitolato “Segreti Romani” in cui si ritrovano interessanti ed inediti cenni di storia e curiosi aneddoti, rintracciati dagli archivi contenuti nello storico Palazzo Sacchetti di via Giulia, che custodiscono preziosi diari e rari documenti dal 1600. La collezione Sacchetti inizia a formarsi probabilmente intorno al 1620, per opera dei figli di Giovanni Battista Sacchetti, un banchiere fiorentino che si era trasferito già nel XVI secolo a Roma fondando il ramo “romano” della famiglia dopo il matrimonio con Francesca Altoviti, a sua volta discendente da un’altra celebre famiglia fiorentina di banchieri e mecenati. I cinque figli maschi superstiti - Marcello, Giulio, Giovanni Francesco, Alessandro e Matteo - consolidarono l’ascesa sociale della famiglia grazie allo stretto legame con la famiglia Barberini, di comuni origini toscane. Con l’avvento al trono pontificio di Maffeo Barberini (Urbano VIII, 1623-44), Marcello divenne Tesoriere Segreto e Depositario dello Stato della Chiesa (il cosiddetto “banchiere del Papa” e Giulio fu creato Cardinale, svolgendo importanti incarichi diplomatici e politici. Marcello, celebre mecenate e amico di artisti quali Pietro da Cortona e Simon Vouet, iniziò così la raccolta pittorica, che dopo la sua morte precoce nel 1629 venne proseguita dai fratelli ed incrementata da Giulio durante le legazioni a Ferrara ed a Bologna. Il più antico inventario Sacchetti, stilato nel 1639, registra circa settecento dipinti. I Sacchetti avevano già ottenuto il titolo nobiliare di marchese. Nel 1649 avvenne il trasferimento nel palazzo di via Giulia a Roma, un edificio cinquecentesco che presto prese il nome dei nuovi proprietari. Il palazzo, già decorato nel corso del secolo XVI da Francesco Salviati, venne nuovamente adornato con una serie di opere d’arte. Un altro episodio di mecenatismo avvenne alla fine del secolo XVII quando il giovane Gaspar Van Wittel venne ospitato per qualche anno nel palazzo. Se l’inventario del 1744 registra quasi novecento dipinti, sono proprio gli anni quaranta a vedere una decisiva svolta nella storia della raccolta: pressato dai debiti, nel 1748 il Marchese Sacchetti cedette a Papa Benedetto XIV (il bolognese Prospero Lorenzo Lambertini) oltre 180 dipinti della collezione, che formarono il nucleo iniziale della Pinacoteca Capitolina. Tutti i quadri migliori (con rare eccezioni, quale il Ritratto del cardinale Giulio Sacchetti di Pietro da Cortona, tuttora proprietà della famiglia) vennero ceduti al pontefice e molti altri andarono dispersi nei decenni successivi. Nella prima metà del XIX secolo alcuni dipinti già Sacchetti della Pinacoteca Capitolina vennero trasferiti nella Pinacoteca Vaticana e presso l’Accademia di San Luca. Gli inventari della collezione Sacchetti sono conservati a Roma, divisi tra l’Archivio di Stato di Roma e l’Archivio Sacchetti, a sua volta depositato nel 2014 presso l’Archivio Storico Capitolino.