L’ultimo concerto della Rassegna “Caravaggio in musica”, realizzata dalla Fondazione Carisal, in collaborazione con i Concerti d’estate di Villa Guariglia, previsto per venerdì 21 marzo, alle ore 19 al Complesso San Michele a Salerno, è affidato ai legni con Antonio Rufo all’oboe, Antonio Senatore e Mario Montani al flauto e Gaetano Varriale al fagotto. In programma musiche di Loeillet, Hoffmeister, Vivaldi e Devienne.
“Sarà la musica la grande protagonista dell’ultimo appuntamento in programma per “I venerdì di Caravaggio” nell’ambito della Rassegna dei Concerti di musica barocca ispirata al grande artista Michelangelo Merisi. Un concerto che ci donerà ancora una volta forti emozioni e che farà da cornice alla straordinaria Mostra di Caravaggio, promossa e organizzata da Fondazione Carisal, presso il Complesso San Michele”, ha dichiarato il Presidente Domenico Credendino.
Il percorso musicale, realizzato in collaborazione con i “Concerti d’Estate di Villa Guariglia” , per la direzione tecnico musicologica di Olga Chieffi, che ha attraversato il barocco sulle trecce del segno caravaggesco, in tutte le sue espressioni, sacro, profano, strumentale, lirico e popolare, giunge a conclusione con i massimi esponenti della scuola di fiati della nostra città, i legni, attraverso i quali andremo a scoprire l’influenza del barocco nei secoli a venire, nonché l’evoluzione degli strumenti stessi. Protagonisti di questa serata saranno l’oboista Antonio Rufo, i flautisti Antonio Senatore e Mario Montani, unitamente al fagottista Gaetano Varriale. Il programma prevede quattro “trio sonate” che verrà inaugurato dalla sesta sonata, datata 1725, dell’op.2 in Do minore per flauto, oboe e basso continuo, che viene realizzato dal fagotto, di Jean Baptiste Loeillet. Quattro i movimenti di questa sonata in alternanza, con i tempi veloci tecnicamente impegnativi e il basso continuo, vivido e ritmicamente pronunciato. A volte basta scrivere musica ben realizzata, se non particolarmente sorprendente, e poi trovare qualcuno che la suoni con sensibilità, stile e senso dello scopo. Jean Baptiste Loeillet ha fatto proprio questo con i suoi musicisti che gli permisero di divulgare sia lo strumento, il flauto, sia la grande musica barocca italiana, con un occhio particolare alla scuola romana e a Corelli. Si potrebbe sostenere che questi trii diano piacere ai musicisti, piuttosto che sorprendere l’ascoltatore, grazie al giusto equilibrio tra flauto e oboe, in un amalgama intimo e complementare, sottolineato da lunghe linee melodiche e da un vivo senso del colore armonico, con uno stile che non di rado strizza l’occhio al passato. Si continuerà con il Trio n°3 in Do maggiore per 2 flauti e basso continuo di Franz Anton Hoffmeister. I geni rimangono totalmente incompresi almeno fino a quando qualcuno non si prende la briga di divulgare la loro opera. Caduto in disuso il prezioso mestiere del copista, verso la fine del 1700 comparvero nelle grandi capitali della musica soprattutto a Parigi e a Vienna gli editori, rivelatesi nel corso del tempo vere e proprie figure provvidenziali per determinare il corso della storia della musica. In alcuni casi pubblicando semplicemente una composizione di un “illustre” sconosciuto, accanto alla ‘semplice’ divulgazione del repertorio favorirono la scoperta sia dei grandi talenti sia di quegli “artigiani” che senza avere qualità eccelse potevano offrire composizioni valide per una precisa esigenza o per la didattica. Con grande competenza – per lo più erano musicisti- lo facevano molto spesso anche a dispetto di una scarsa popolarità dell’autore andando anche contro i gusti del pubblico. Di musica se ne chiedeva ed acquistava tanta in quell’epoca: era diventato una moda lo studio di uno strumento e ciò che chiedeva la folta schiera dei dilettanti o pseudo tali, erano composizioni semplici e non impegnative di routine o poco più. Uno di questi musicisti editori fu proprio Franz Anton Hoffmeister, queste le ragioni di proporre l’opera, per rendersi conto della ricchezza, della varietà tematica, dello sforzo raffigurativo per rendere l’idea della complessità, della vividezza della forza dei suoni, in grado di saper “raccontare” e “illustrare” attraverso messe di colori, di sfumature, di descrizioni tra contrasti, la tessitura, i cambiamenti ritmici alla luce di una chiave che proietta tali opere avanti nel tempo, riallacciandole idealmente a quelle conquiste stilistiche e compositive che saranno appannaggio di un certo Romanticismo.
Non poteva mancare l’omaggio ad Antonio Vivaldi, il prete rosso una morte simbolica la sua, con la quale effettuò la consegna delle chiavi dai veneziani all’Europa, chiudendo – e aprendo – due periodi meravigliosi della storia della musica. Lì a Vienna per una strana coincidenza, si ritrovarono ad andare oltre Mozart, Schubert, Beethoven, Mahler, mentre Richard Wagner morì nella città del Prete Rosso. Di Antonio Vivaldi, verrà proposta la Trio Sonata in Sol minore per flauto, oboe e fagotto, nei tempi Allegro ma cantabile Largo Allegro non molto, che si distingue per la sua struttura e l'uso degli strumenti. Vivaldi, noto per la sua capacità di innovare all'interno del panorama musicale del suo tempo, si allontana dalle convenzioni della sonata con basso continuo per abbracciare una forma concertante che enfatizza l'interazione e il dialogo tra i tre strumenti.
La sua scelta di non utilizzare un gruppo di “ripieno” non solo mette in risalto le sonorità dei singoli strumenti, ma richiede anche una scrittura particolarmente attenta. Vivaldi riesce qui a creare un effetto di varietà e dinamismo attraverso differenziazioni stilistiche, suggerendo un contrasto sonoro che è tipico del barocco ma che, in questo caso, si traduce in un'esperienza più intima e meditata per l’uditorio.
Finale con la Trio Sonata n°3 in Fa maggiore per 2 flauti e basso continuo di François Devienne, uno dei pochi musicisti del XVIII secolo che fu in grado di uscire dall'ombra di Mozart e Haydn. Il suo vivace stile melodico, l'espressione musicale naturale e il virtuosismo funambolico, sono rimasti popolari anche ai giorni nostri e questo Trio ne è un’ampia prova. Il carattere espressivo di questa composizione, che, come quelle ascoltate, alterna regolarmente sezioni vivaci e lente, eleganza danzante e meditazione melodiosa, sorprende per l’inventiva melodica e la verve ritmica, capace di trasformare la pagina in arguto divertimento.