Da Managua a Tirana, passando per Salerno, è un solo pas de chat, per dirla in termini ballettistici e l’ottobre del Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli principierà martedì 3 ottobre alle ore 20, nel teatro in cui è stato nominato Direttore Artistico, l’Opera di Tirana, dalla suite delle musiche di scena del “ Der Bürger als Edelmann” di Richard Strauss, seguita dall’esecuzione della Sinfonia n. 5 in mi minore, op. 64 di Pètr Il'ic Cajkovskij.
“La prima volta che ho diretto la suite dal “Der Bürger als Edelmann” di Richard Strauss è stato in Germania con la prestigiosa orchestra della Saar e me ne sono innamorato. La dimensione cameristica di questo capolavoro, la genialità dei temi, il susseguirsi continuo di ricordi di un classicismo nostalgico trattato con quel pizzico di emotività straussiana lo rendono un pezzo, secondo me, unico e imperdibile. Ringrazio poi il talento estremo dei miei professori a cominciare dalla Konzertmeister, maestro Gezim Bulcari, che contribuiscono a rendere unica ogni esecuzione, e anche gli studenti provenienti dal Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia, unitamente ai tre ragazzi salernitani, Carmine Ciccarone Percussioni, Antonietta lamberti Arpa e Mauro Castiello, Tuba. Quanto a Tchaikovsky, è stata la prima sinfonia importante che ho diretto quando ho iniziato questo lavoro. Da allora l’ho diretta tantissime volte e ad ogni interpretazione ho aggiunto o tolto dall’esecuzione qualcosa. È una sinfonia la cui esecuzione più di tutte rispecchia lo stato d’animo di chi la dirige in quel preciso momento, perchè attinge con prepotenza a tutti i sentimenti dell’animo umano. La suoneremo in memoria dell’amico Fulvio Maffia, direttore del Conservatorio Statale di musica di Salerno, scomparso solo qualche giorno fa, che si la sciava emozionare sempre sull’onda di musica così espressiva e pregnante. Un programma, questo, che apre un ottobre molto intenso e che gioca sui contrasti emotivi forti”.
La musica che il capolavoro di Molière Le Bourgeois gentilhomme ha ispirato Richard Strauss, aprirà il programma dedicato, dalla sovrintendente Abigeila Voshtina alla settimana tedesca in svolgimento in Albania. Il compositore guarda nostalgicamente ad un passato, che viene però reinventato in un’ottica tipicamente novecentesca, tenendo presente la musica di Lully del 1670 e rielaborandone addirittura alcune parti: in particolare, Das Menuett des Lully n. 5, la Courante n. 6 e Auftritt des Cleonte n. 7, sofisticati rifacimenti lulliani, nei quali serpeggia un’ironia analoga a quella con cui il commediografo francese delinea l’arricchito Jourdain. L’organico dell’orchestra è cameristico ed è rimarchevole come Strauss riesca a ottenere da una compagine ridotta una tavolozza variegata di colori, intensità e sfumature attraverso una sapiente combinazione di timbri e la valorizzazione delle qualità solistiche di ogni singolo strumento. Un ruolo importante è affidato tra l’altro al pianoforte che nel corso dei nove pezzi svolge, con la sua antistoricità, un ruolo analogo a quello del valzer inserito nella cornice settecentesca del Rosenkavalier. Un’orchestrazione innovativa che guarda avanti e sembra quasi anticipare per certi aspetti il neoclassicismo del Pulcinella di Stravinskij. L’elegante e virtuosistico pastiche si apre con l’ouverture che evoca l’animazione del palazzo in cui Monsieur Jourdain incede con fare ostentato e pomposo, attorniato da una corte di adulatori e scrocconi che ne sfruttano le ambizioni di ridicolo parvenu. La seconda parte del brano presenta un’arietta tipicamente straussiana, cantata da un soprano nella versione scenica e qui affidata invece all’oboe. Seguono un breve Menuett, che con l’elegante leggerezza degli archi e dei flauti allude a una lezione di danza, e Der Fechtmeister, dove pianoforte, tromba e trombone descrivono la presenza di un maestro d’armi che impartisce una lezione al maldestro allievo. Il quarto brano (Auftritt und Tanz der Schneider) racconta l’entrata dei sarti che, a ritmo di gavotta, presentano a Jourdain il suo nuovo e sfarzoso abito, e culmina nelle virtuosistiche evoluzioni della Polacca affidata al violino che raffigura il capo-sarto prodigo di attenzioni per il padrone di casa.
I tre numeri successivi, sono modellati direttamente sulle musiche originali di Lully. Siamo di fronte tuttavia a una vera e propria trasfigurazione stilistica del passato. Seguono un breve intermezzo, che con la sua cifra galante e insinuante ritrae una coppia di finti aristocratici, Dorante e Dorimene, che tramano ai danni di Monsieur Jourdain, e infine il brano conclusivo, Das Dîner, la pagina più ampia e articolata della suite. È la scena del banchetto e della danza dei cuochi, che si apre con l’ingresso dei commensali accompagnati da una fanfara seguita da una marcia. In base a un’idea in parte dovuta allo stesso Max Reinhardt, le varie portate vengono annunciate da sapide citazioni musicali: il salmone del Reno chiama in causa un tema di Das Rheingold di Wagner, la carne di montone l’episodio dei montoni dal Don Quixotte dello stesso Strauss, mentre per la portata con lingue d’allodola e tordi il compositore cita il cinguettio degli uccelli dal Rosenkavalier, ma anche il tema di «La donna è mobile» dal Rigoletto, trattandosi di prelibatezze all’epoca importate da Mantova. Il susseguirsi di danze e ammiccamenti musicali termina con una sorpresa: su un ritmo di valzer, i camerieri portano al centro del tavolo una gigantesca omelette dalla quale salta fuori un giovane aiutante di cucina che scatena, a conclusione della suite, una danza travolgente. La seconda parte del programma sarà dedicata per intero all’interpretazione della Sinfonia n.5 in mi minore, op.64, composta da Pëtr Il’ič Čajkovskij. L’autore è rimasto per tutta la vita un “bambino di vetro”, creatura fragile ed introversa, nevrotica ed ossessiva, in equilibrio precario tra trasgressione e repressione e la sua musica ne è diretta espressione: il pathos sovrabbondante, la sensualità di molti suoi passaggi sinfonici, il lirismo che sfocia nel sentimentalismo più acceso ed eccessivo, tutto ciò mostra una sensibilità amplificata, dove ogni sensazione, dalla positiva a quella negativa, vengono enfatizzate, deflagrando in uno stile unico, inimitabile, personalissimo. Una sorta di tema conduttore lega tuti e quattro i movimenti della composizione: il tema, esposto inizialmente dal clarinetto nel registro basso al principio dell’Andante introduttivo, vuole esprimere, secondo Cajkovskij, “una completa rassegnazione di fronte al destino”. L’Allegro con anima che segue sviluppa con drammaticità elementi di motivi già presentati in modo apparentemente neutro: il malinconico primo tema, coi suoi ritmi puntati, ed il secondo tema, dall’andamento di danza. L’Andante cantabile, in re maggiore, è di forma tripartita, e si apre con una accorata melodia del corno; la sezione centrale, come spesso in Cajkovskij, è ricca di slancio, con una espressiva melodia affidata agli archi; prima della ripetizione della prima parte compare, enfatizzato, il tema del destino dell’inizio della sinfonia, che poi ritorna anche in conclusione. Il terzo movimento, Allegro moderato, è un valzer d’una tristezza pacata tipicamente cajkovskiana. L’introduzione al Finale si apre con lo stesso tema del destino, che compare però, questa volta, in tonalità maggiore, assumendo un carattere di tranquilla rassegnazione. L’Allegro vivace presenta un primo tema in accordi, molto enfatico, ed un secondo tema di carattere marziale. Terminato lo sviluppò, una lunga coda in mi maggiore, nella quale il motivo d’apertura del primo movimento ritorna di nuovo, conduce la sinfonia ad una grandiosa conclusione.