Salerno, fiaccolata e messa per la pace con l'arcivescovo Bellandi: «Con la  guerra nessuno

Carissimi,

ci ritroviamo stasera nella nostra Cattedrale per aprire solennemente il Giubileo dell'anno 2025 che il Santo Padre ha voluto incentrare sulla virtù della speranza.

Lui stesso, durante la veglia natalizia hai inteso esprimere il significato di questo anno Santo: «Questo è il tempo della speranza! Esso ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare [...]. A noi tutti il dono e l’impegno di portare speranza là dove è stata perduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza. Portare speranza lì, seminare speranza lì. Il Giubileo si apre perché a tutti sia donata la speranza, la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono». Così papa Francesco.

Il Giubileo ha sempre rappresentato, nella vita della Chiesa, un evento di grande rilevanza spirituale, ecclesiale e sociale e porre al centro oggi il tema della speranza – ho scritto nella mia Lettera dedicata a questo evento – rappresenta un ulteriore aspetto assai significativo: «la Chiesa lo propone con forza in un tempo segnato da grandi sfide e da forti tensioni sociali, non ultimo il dramma delle guerre che provocano morti, distruzioni, sentimenti di vendetta, popoli a rischio di sopravvivenza. Tutto ciò sembra soffocare la possibilità stessa di sperare; il Giubileo, con il suo contenuto di conversione, perdono, cammino e misericordia, diventa una possibilità reale perché la luce della speranza possa nuovamente illuminare il futuro e ciò non in senso ingenuamente ottimistico.

 

La speranza, infatti, “non delude” (…) perché fondata sull’amore di Dio: essa “nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce (…).          Ed è lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita”.

Per questo la virtù della speranza viene spesso associata, nella Bibbia, all’immagine dell’àncora, quell’ancora raffigurata anche nella mano destra della venerata statua della Madonna della Speranza custodita nel Santuario di Battipaglia e che in questi giorni è esposta in San Pietro. Scrive ancora il Santo Padre: «L’immagine dell’àncora è suggestiva per comprendere la stabilità e la sicurezza che, in mezzo alle acque agitate della vita, possediamo se ci affidiamo al Signore Gesù. Le tempeste non potranno mai avere la meglio, perché siamo ancorati alla speranza della grazia, capace di farci vivere in Cristo superando il peccato, la paura e la morte». Carissimi, potremmo essere pellegrini e testimoni di speranza se anzitutto saremo ancorati al tesoro della grazia di Cristo che ci viene elargita nella vita della Chiesa e in particolar modo nei suoi sacramenti, in primis il sacramento della riconciliazione. Attingiamo allora a piene mani a questo tesoro di misericordia; Il Papa ce lo ricorda più volte con forza: «Dio perdona tutto, Dio perdona sempre. Non dimenticatevi questo, che è un modo di capire la speranza nel Signore».

Per questo abbiamo voluto estendere la qualifica di “luogo giubilare” – dove recarsi per la preghiera, l’adorazione e la confessione sacramentale – a diverse altre chiese e Santuari, oltre la Chiesa cattedrale e le concattedrali: ivi la presenza più continuativa di un sacerdote favorirà la possibilità anche della Confessione e l’acquisizione dell’indulgenza giubilare connessa. Quest’ultima poi, ed è un ulteriore segno della volontà del Santo Padre di permettere a tutti di attingere a piene mani alla misericordia di Dio, potrà essere conseguita - ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera – anche attraverso opere di carità o misericordia compiute verso coloro che sono gravati da situazioni di solitudine, necessità, malattia, «quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro».

Faccio mio, quindi l’accorato invito di San Paolo, quando scriveva agli abitanti di Corinto: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio. E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”

È, inoltre, particolarmente significativo il fatto che questa solenne apertura del Giubileo avvenga nella domenica dedicata alla Santa Famiglia di Nazaret. Gesù ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana; ha avuto la Vergine Maria come mamma e Giuseppe che gli ha fatto da padre; essi l’hanno allevato ed educato con immenso amore. Pochi giorni fa abbiamo celebrato il Natale e possiamo ancora immedesimarci nei pastori di Betlemme che, appena ricevuto l’annuncio dall’angelo, accorsero in fretta alla grotta e trovarono “Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16). I primi testimoni della nascita del Cristo, i pastori, si trovarono di fronte, quindi, non solo il Bambino Gesù, ma una piccola famiglia: mamma, papà e figlio appena nato. Dio ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana, e perciò la famiglia umana è diventata icona di Dio! Dio è Trinità, è comunione d’amore, e la famiglia ne è – ovviamente in tutta la differenza esistente tra il Mistero di Dio e la sua creatura umana – un’espressione che riflette in maniera del tutto singolare il Mistero insondabile del Dio amore.

Non solo, ma la famiglia di Gesù merita davvero il titolo di “santa” perché è tutta presa dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, incarnata nell’adorabile presenza di Gesù. Da una parte, è una famiglia come tutte e, in quanto tale, è modello di amore coniugale, di collaborazione, di sacrificio, di affidamento alla divina Provvidenza, di laboriosità e di solidarietà, insomma di tutti quei valori che la famiglia custodisce e promuove, contribuendo in modo primario a formare il tessuto di ogni società. Al tempo stesso, però, la Famiglia di Nazaret è unica, diversa da tutte, per la sua singolare vocazione legata alla missione del Figlio di Dio.

Proprio con questa sua unicità essa addita ad ogni famiglia, e in primo luogo alle famiglie cristiane, l’orizzonte di Dio, il primato dolce ed esigente della sua volontà, la prospettiva del Cielo al quale siamo destinati. Come disse Paolo VI nella sua visita in Terra Santa: «Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazaret ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com’è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale».  È fondandosi sull’amore di Dio ricevuto in abbondanza, che sempre, nelle famiglie e attraverso loro nel mondo, i rapporti possono essere rigenerati, aprendo orizzonti di speranza. Infatti, ogni famiglia, nell’amore autenticamente vissuto tra genitori e figli, trova l’energia spirituale di aprirsi all’esterno, agli altri, al servizio dei fratelli, alla collaborazione per la costruzione di un mondo più umano: la famiglia infatti evangelizza, anzitutto, con il proprio esempio di vita.

Affidiamo, quindi, alla Santa Famiglia di Nazareth, il cammino giubilare che oggi si apre nella nostra Arcidiocesi: essa rappresenti per tutti – a cominciare dalle famiglie – un ideale evangelico affascinante, così che l’esistenza di ognuno sia concepita e vissuta a servizio dell’opera di Dio, che è la salvezza – già sperimentabile qui e ora – del mondo intero. Amen.

*Arcivescovo di Salerno, Campagna, Acerno