Dopo i matinée inizia la stagione autunnale di Salerno Classica, promossa dall’Associazione Gestione Musica, in collaborazione con il Teatro Pubblico Campano, la Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, la Regione Campania e il Comune di Salerno, guidata dal cellista Francesco D’Arcangelo, che la porta a spaziare tra i diversi generi musicali e prestigiosi ospiti, puntando a recuperare i valori della musica in un’ottica di dinamicità, innovazione, esperienza e dialogo, che ha portato la direzione ad ottenere il finanziamento dal Fondo unico per lo Spettacolo per un triennio.
Continua il binomio Musica e vino, in collaborazione con il Wine Art Museum di Portici, presentando i vini della Famiglia Pagano, che avrà il compito di creare sinestesie con il capolavoro di Igor Stravinskij, l’Histoire du Soldat. Sarà infatti di scena domani, giovedì 2 ottobre sul palcoscenico del Teatro Pasolini, alale ore 20,30, una versione rivisitata di questa opera a firma di Sergio Mari, che offre le sembianze di Pulcinella al soldato. Il diavolo avrà la voce di Manuel Stabile, la principessa invece, sarà Alessandra Ranucci mentre sul podio dell’Ensemble Salerno Classica, composto da Francesco Solombrino al violino, Gianluigi Pennino al contrabbasso, Giuseppe Cataldi al clarinetto, Mirko Santoro al fagotto, Raffaele Alfano alla tromba, Giuseppe Basile al trombone, e Vincenzo D’Acunto alle percussioni, ci sarà lo stesso direttore artistico, Francesco D’Arcangelo. Composta su libretto in francese di Charles-Ferdinand Ramuz, l’Histoire du soldat è una pièce teatrale con musica, balletti e testo recitato; non ci sono parti cantate, la musica collega i dialoghi, la narrazione e accompagna l’azione scenica di mimi e ballerini. Da questo lavoro Igor Stravinsky trae nel 1919 due Suite strumentali; la prima, suddivisa in nove parti, mantiene lo stesso organico, la seconda, più breve e in cinque parti, utilizza un organico ancora più ristretto: violino, clarinetto e pianoforte. La musica di Stravinsky è scarna e essenziale, non ricerca effetti pittorici e conferisce alle percussioni un ruolo fondamentale; attinge a varie fonti, al tango argentino, al valzer, alle fanfare svizzere, al ragtime, al paso doble. Le figure musicali creano un mosaico sonoro variegato accostando ritmi sincopati, timbri stridenti e tempi discordanti. Nel 1915 Stravinsky si era trasferito a Morges, in Svizzera, e viveva in ristrettezze economiche come i suoi amici, lo scrittore Charles-Ferdinand Ramuz e il direttore d’orchestra Ernest Ansermet. Per risollevare le loro finanze progettano di allestire un’opera teatrale ambulante da rappresentare in tutti i villaggi della Svizzera; date le circostanze, e per consentire agevoli e frequenti spostamenti, beneficiando dell’aiuto economico di Werner Reinhart, impresario industriale e ottimo clarinettista dilettante, viene realizzato un lavoro con pochi personaggi, una piccola scena con mimi e danzatori e un organico strumentale modesto formato da violino, contrabbasso, clarinetto, fagotto, cornetta, trombone e percussioni affidate a un solo esecutore. La storia ideata da Stravinsky si ispira a due racconti di Alexandr Afanasiev: “Il soldato disertore e il diavolo” e “Un soldato libera la principessa” e quando viene esposta è subito recepita da Ramuz che, senza indugio, si dedica alla stesura del libretto. Joseph, un soldato in licenza, sta facendo ritorno verso casa. Incontra il diavolo che lo blandisce invitandolo a consegnargli il violino in cambio di un libro speciale che lo farà diventare ricco; staranno insieme tre giorni e, mentre il demonio imparerà a suonare il violino, il soldato sarà capace di cogliere i misteri del libro. Passati i tre giorni il soldato si rende conto che sono trascorsi tre anni, sua moglie si è risposata e lui è ridiventato povero. Ripreso il cammino, arriva presso un reame dove apprende che la principessa, gravemente ammalata, sposerà chi è capace di guarirla. Il soldato riconquista il violino facendo ubriacare il diavolo, poi inizia a suonare risvegliando la principessa addormentata. La storia sembra giunta al suo lieto fine, ma incombe il vecchio patto, il diavolo reclama il violino e l’anima del soldato. L’histoire è un lavoro che apre un solco nel “Novecento storico”: l’abbandono delle opere post-romantiche e veriste con enormi organici ed il ritorno all’opera da salotto della Camerata Bardi. L’Histoire è anche il lavoro con cui Stravinskij effettua una sbalorditiva virata dal periodo russo alla poetica neoclassica e con cui approderà alla dodecafonia sempre con un’altra operina. È la visione che preconizza una forma e una struttura che muove dal passato ma si piega e trasforma alla luce di esigenze pratiche. «La scelta degli strumenti per L’Histoire fu influenzata da un importantissimo evento della mia vita in quel periodo: la scoperta del jazz americano… L’organico si richiama a quello della banda jazz in quanto ogni famiglia strumentale – archi, legni, ottoni, percussioni – è rappresentata dai suoi estremi, nel registro acuto e nel registro basso. Inoltre gli stessi strumenti venivano impiegati nella musica jazz, eccetto il fagotto, che, secondo me, stava per il sassofono». Ricchezza timbrica che si fonde con contrasti e misurati cluster tonali, con un gioco contrappuntistico e dialettico che mostra una notevole combinazione musicale.
Compaiono sovrapposizioni accordali (spesso maggiore/minore), accostamenti accordali di triadi congiunte discendenti, scale per toni interi (anche incomplete o leggermente variate), il tutto inserito in un séguito di pezzi chiusi (“Marcia del soldato”, “Pastorale”) alla base dell’idea di Suite.
Per quanto concerne i ritmi nelle parti singole, ci troviamo di fronte ad incredibili successioni di tempi inusuali oppure, come avviene molto spesso, Stravinskij costruisce complesse poliritmie creando un perfetto incastro fra tutti gli strumenti.