Al Tin Teatro Instabile Napoli il 10, il 17 e il 18 maggio alle 20.00 va in scena La dodicesima notte da William Shakespeare adattamento e regia di Gianmarco Cesario con Gianni Sallustro, Nicla Tirozzi, Alessandro Cariello, Davide Cariello, Nancy Pia De Simone, Vincenza Granato, Luigi Guerra, Noemi Iovino, Domenico Liguori, Carlo Paolo Sepe,Tommaso Sepe, Salvatore Ciro Tufano, Gennaro Zannelli. Luci e audio sono di Marcello Radano, i costumi Melissa De Vincenzo, aiuto regia Maria Crispo e Lucia Saviano.
La Produzione è della Talentum production e dell’Accademia vesuviana del teatro e del cinema di Gianni Sallustro in collaborazione con il Teatro Instabile Napoli.
“La dodicesima notte” allude sin dal titolo all’atmosfera di spensieratezza che caratterizza il periodo fra Natale e lo scoccare della “dodicesima notte”, cioè la veglia dell’Epifania che era il periodo delle feste di corte in cui rivivevano echi della tradizione pagana. Considerata universalmente un esempio perfetto di commedia rinascimentale, La dodicesima notte ripropone il tema degli equivoci e scambi di persona della Commedia degli errori, di cui è una sintesi deliziosa e matura.
La commedia racconta una storia di amori e inganni, nella quale i gemelli Viola e Sebastian, a seguito di un naufragio, si trovano a conoscere il Duca Orsino e la dama Olivia. Orsino ama Olivia che ne ignora la corte, ma quando si trova davanti al messaggero di Orsino (la giovane Viola che dopo la perdita del fratello si è camuffata da uomo per entrare al servizio del Duca), se ne innamora, scatenando una serie di eventi e imprevisti che condurranno al lieto fine.
NOTE DI REGIA: Il travestimento di una ragazza, da femmina a maschio, mette in subbuglio l’equilibrio, in realtà già precario, di una comunità. Viola diventa Cesario, e come tale attira la fiducia e scatena turbamento in Orsino, il giovane duca per cui lavora, che l’incarica di fare da messaggero d’amore per la giovane Olivia, che però, appena visto il giovane dall’aspetto efebico, decide di rompere ogni indugio sul disinteresse per gli uomini, e si dichiara innamorata di chi ignora si tratti di una donna, la quale, però, s’è segretamente innamorata del suo padrone. A tutti questi protagonisti di incroci di pulsioni sessuali e sentimentali, si aggiunge il fratello gemello di Viola, Sebastian, che è identico alla sorella, pertanto c’è da ritenere che anch’egli abbia un aspetto efebico, e di cui è perdutamente innamorato Antonio, il misterioso uomo che lo ha salvato dal naufragio. Insomma un testo intriso di sesso che oggi definiremmo “fluido”, che, come asserisce il critico teatrale britannico Stephen Greenblatt, “potrebbe non farci finalmente comprendere la distinzione fondamentale tra uomini e donne”. Nel teatro rinascimentale, soprattutto in quello elisabettiano, non è certo il primo esempio di travestimento maschile di un personaggio femminile, ma in nessun altro gli accoppiamenti e i sentimenti si moltiplicano in maniera così caleidoscopica, tanto che sembrerebbe, quindi, che William Shakespeare si sia prodotto in un’opera che, più di tante altre, anticipa la cosiddetta tematica gender. Questa è stata, perciò, la mia ispirazione per quella che è la mia quarta regia dedicata ad un testo che mi accompagna sin dall’adolescenza, quando ho vissuto l’emozione della visione della regia firmata da Aldo Trionfo nel 1979.
Una versione, questa mia, che definisco “della senilità” e che si realizza grazie alla collaborazione con il Teatro Instabile di Napoli e l’Accademia del Teatro e Cinema di Ottaviano, entrambi diretti da Gianni Sallustro, e la Talentum Production di Marcello Radano, e in cui ho il piacere di dirigere, insieme allo stesso Sallustro, e la bravissima Nicla Tirozzi, ben undici giovani attori. Proprio spinto dalla giovanissima età di gran parte degli interpreti, ho molto riflettuto su quanto scritto qui sopra, e, abbandonando quasi tutti i riferimenti filologici tipici del XVII secolo, ho voluto immergere lo spettacolo nei colorati e folli anni ’80 del secolo scorso, decennio che rappresentò un’importante svolta nei costumi occidentali, in cui quella distinzione fra sessi di cui parla Greenblatt è stata, per l’appunto, fortemente messa in discussione. Le iconografie di quel decennio, in gran parte prese in prestito dalle star del pop e del rock di allora, mi hanno dato l’opportunità di accentuare la caratteristica di quei personaggi, liberi e indifferenti agli steccati convenzionali, che amano spesso non corrisposti, con quell’amore che, come scrisse Oscar Wilde, “non osa pronunciare il suo nome”. Nessuno, infatti, dei personaggi, è insensibile all’amore impossibile: Malvolio (Gianni Sallustro) non si ferma, con la sua fantasia, nemmeno di fronte al muro della differenza sociale e dell’età, e così Andrea e la sua improbabile passione per Olivia, che maschera, forse, quella autentica per Tobia che, a sua volta, sposa Maria (Nicla Tirozzi) solo per ringraziarla della burla ideata contro lo stesso
Malvolio. Di Antonio, Sebastian, Olivia, Viola e Orsino abbiamo già parlato, ma anche Feste, il matto, ha, in questa mia versione, il suo riferimento amoroso in Fabiana, versione femminile dell’originale Fabiano, e così Valentino, il fido luogotenente di Orsino, che cela malamente la sua gelosia per l’interesse del padrone in Viola/Cesario. Amori difficili, che siano dettati da autentico sentimento o dalla fantasia, oppure anche dall’illusione o dall’interesse, ma che gridano, a voce alta, la libertà d’amare senza vergogna e senza condizionamenti sociali.