È un testo pieno di spunti di riflessione e racconto carnale di uno spirito solidissimo In nome della madre di Erri De Luca, che debutterà in scena, sabato 27 gennaio 2024 alle ore 21.00 (in replica domenica 28) al Pozzo e il Pendolo Teatro di Napoli, con Rosalba Di Girolamo e Rocco Zaccagnino, nell’adattamento e la regia di Annamaria Russo, presentato dallo stesso palcoscenico partenopeo con Baba Yaga.
La storia del Salvatore inizia ben prima della sua venuta al mondo, nel momento in cui una giovane promessa sposa si scopre gravida, dopo un annuncio di cui non ricorda bene le parole, che tornano come echi vaghi, travolti dalla dimensione molto più concreta, carnale, di un figlio che cresce nel grembo.
In nome della madre è la storia di Maria, in ebraico Miriam, la madre di Gesù. Non è la storia della sua vita ma “solamente” dei nove mesi che vanno dal concepimento alla nascita del figlio. Una vicenda che conosciamo bene o che, almeno, crediamo di conoscere.
È uno dei momenti fondanti della religione cristiana, ma la particolarità di questo testo è che il racconto è affidato a Maria stessa, con la sua età e le sue parole, con le sue ansie e le sue certezze.
La storia universale dell’avvento del Redentore è raccontata da tre prospettive diverse: quella di Miriam, quella della comunità, pettegola e maldicente, e quella di Josef, retto, onesto, incrollabile, che si fa portatore di un messaggio di fede e d’amore contrapposto alla miope rigidità della legge. Josef crede a Maria, e alla visione dell’angelo.
La vicenda acquista, dunque, una dimensione umanissima, incentrata sul tema della femminilità riscoperta attraverso la maternità, problematica per una giovane donna ebrea, non ancora sposata. Un figlio al di fuori del matrimonio è causa di immediata condanna, di esclusione sociale.
Ma nell’intreccio di voci quella che si leva alta e solenne su tutte è quella della vergine eletta a madre dal disegno divino. Maria si fa donna nel suo diventare madre, e questo le dà una forza inaspettata, quasi sovrumana, tale da permetterle di contrattare con il suo Dio, nel momento della nascita del figlio.
Perché in quella prima notte, nella minuscola stalla, la giovane è sola e il bambino che viene al mondo le appartiene, forse soltanto per quelle poche ore. E in quella notte, libera dal presentimento del futuro, a Miriàm è concesso di essere madre di suo figlio, e non del figlio di Dio.