di MIRELLA FALCO

Tra gli alti palazzi, i rombi di motori di macchine impazzite e il continuo via vai di una vita frenetica; c’è un posto incantato, dove regna la pace e la spensieratezza; un posto che lascia spazio all’immaginazione. É la Villa Oplontis. Costruita nell’antica Oplontis, una zona suburbana della vicina Pompei, all’epoca centro residenziale esclusivo, con fattorie e ville sontuose dove i potenti potevano riposarsi, oggi situata nella scoppiettante città di Torre Annunziata.

Sono trascorsi secoli dall’eruzione del 24 agosto 79 d.C. eppure… le pitture, le decorazioni, le pavimentazioni, la piscina, i colonnati, le camere da letto riccamente decorate, gli affreschi di questa lussuosa villa, sono di una bellezza sbalorditiva. Il motivo per cui è rimasta intatta, sia proprio perché, fu completamente sepolta dall’eruzione, il che ha favorito il processo di conservazione della struttura. La villa ricopre quasi 11.000mq, ma un terzo è ancora interrato.

Il tempo sembra essersi fermato nell’affascinante villa, lasciando tutto com’era o quasi; È come se guardassimo una foto dell’epoca dalla quale prendono vita i banchetti, le danze, la musica e le risate nella magnifica sala dei ricevimenti. Sembra quasi di udire i passi di chi passeggia tra i colonnati nelle fresche sere d’estate. Per tanto, è facile che possano affollarsi pensieri, fantasie ed addirittura, immaginare le storie di chi viveva in quel luogo magico. Secondo alcune fonti, pare, che sia stata la residenza della seconda moglie di Nerone, Poppea; questo perché al suo interno è stata ritrovata un’anfora con la scritta “Secundo Poppaee” ovvero schiavo di Poppea, altre invece, che sono state rinvenute delle gocce di latte di asina, nelle quali, lei era solita fare il bagno. Purtroppo, non son sappiamo se sia realmente stata in questo luogo e sfortunatamente non lo sapremo mai (fin quando non spunterà qualche altro reperto che lo confermi).

Tra gli affreschi più suggestivi troviamo il santuario di apollo, nella sala dei ricevimenti. L’affresco presenta infiniti dettagli, tra cui, la coda del pavone sembra che tenda verso di noi. Tutte le architetture della sala sembrano muoversi con noi in uno straordinario gioco di prospettive. All’interno della struttura, sono stati scoperti diversi giardini e gli archeologici sulla base delle radici hanno posizionato le piante proprio come erano state piantate all’ora. Singolari sono le ante di una grande finestra, realizzate con la tecnica della colatura del gesso negli spazi vuoti che gli archeologi trovavano al momento dello scavo, e si possono anche intravedere le venature del legno. In una delle camere da letto possiamo ammirare gli affreschi del secondo stile pompeiano, chiamato anche architettonico per la presenza di colonne e paesaggi. Invece nelle terme private della villa troviamo un altro stile pittorico che è definito il quarto stile, qui scorgiamo tra le raffigurazioni paesaggi stilizzati e figure mitologiche. Ma oltre ad essere una villa di tipo residenziale, possedeva delle aree di produzione agricola, dove venivano prodotti e conservati gli alimenti, come olio e cereali; un'altra area dedicata alla servitù; inoltre possiamo vedere la cucina dove è visibile un bancone lunghissimo dove si preparavano cibi appetitosi, in base ai gusti dell’epoca, sembra quasi di sentire il vociare della servitù e il borbottio nelle pentole, che una volta pronti venivano serviti nei triclini riccamente decorati; Una volta giunti al triclinio, attira la nostra attenzione: una cesta di fichi maturi e un dolce, la cassata, rappresentata sul tavolino; Sembrano reali a tal punto che è tanto il desiderio di prenderne un assaggio, ma possiamo solo immaginarne il sapore.

Leggere la descrizione di questa villa e nello stesso tempo farne un’accurata descrizione è limitativo, solo visitandola è possibile coglierne la reale bellezza.