La Furore di Roberto Rossellini e Anna Magnani e il Santuario di Montevergine di Amedeo Nazzari, Mario Merola e “Veleno”
 
enzook1In costiera amalfitana, 45 Km da Napoli e 38 Km da Salerno, tra Praiano e Conca dei Marini vi è uno dei “Borghi più belli d’Italia”, patrimonio mondiale Unesco: Furore, un tempo “Terra Furoris”, proprio dal rumore fragoroso delle onde che si infrangevano sugli scogli della spiaggetta, alla quale si accede camminando nella roccia che parte dal ponte sul fiordo sulla Statale Amalfitana.
Furore fu teatro alla fine degli anni ‘40 della tormentata love story tra Roberto Rossellini e Anna Magnani, quando il celebre regista girava il secondo episodio del film “L’amore”Il Miracolo, con la Magnani, attrice principale, e tratto da “La voix humaine”, un dramma teatrale di Jean Cocteau. In quel film, la Magnani è da sola in scena per ben quaranta minuti. L’attrice vi appare in camera da letto, mentre parla al telefono con il suo amante e dando sfogo a tutti i sentimenti e conflitti interiori di una persona che ha appena perso l’amore: speranza, gelosia, disperazione, rancore, umiliazione. Una stupenda interpretazione che le valse il Nastro d’Argento come migliore attrice protagonista, un monologo così superbamente recitato che per molti sembrò autobiografico. 
Anna Magnani e Roberto Rossellini si erano conosciuti e innamorati durante “Roma, città aperta”. Un amore appassionato ma anche fortemente litigioso. A Furore

74490241 0701 44bd a62a 35421ecfb50f

  si ricordano ancora una sera in cui alla Hostaria di Bacco, dove i due erano soliti cenare (spesso anche con Federico Fellini), quando Nannarella sbattè in faccia a Rossellini, il suo piatto preferito, “ferrazzuoli” ai pomodorini del “piennolo” e pesce spada affumicato tagliato a dadini. Motivo? La scoperta della Magnani, di una lettera inviata al regista di una “certa Ingrid Bergman” che così scriveva: «Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film ‘Roma città aperta’ e ‘Paisà’ e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire ‘ti amo’, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei». I rapporti tra i due “amanti del Fiordo” diventarono tesi. Da lì a poco, infatti, l’attrice partì per Londra e Rossellini l’accompagnò alla stazione ed appena pochi minuti il treno partito, il regista era già sulla strada per Roma per raggiungere Ingrid Bergman. Due giorni dopo Anna Magnani lesse sui giornali del fidanzamento tra i due. Dopo la separazione da Roberto Rossellini, Anna non tornò più a Furore, e regalò la sua casa al vecchio custode. Ora al Fiordo di Furore vi è l’eco museo del mare, Villa della Storta, che accoglie la mostra permanente dedicata ad Anna Magnani. Il percorso espositivo è di tipo fotografico, ma è possibile ammirare i cimeli appartenuti all’attrice che rappresentano al meglio la sua carriera artistica.
Da Furore, facciamo 70 km ed andiamo al santuario di Montevergine, a circa 1.270 metri sul livello del mare. Secondo gli storici il nome non era Montevergine ma “Monte di Virgilio”, in quanto si riteneva che il poeta Virgilio avesse un orto in questo luogo. Solo in seguito alla consacrazione della chiesa cristiana grazie alla Congregazione Verginiana, fondata da San Guglielmo da Vercelli,  l’altura fu rinominata e dedicata alla Vergine.  Si stima che qui ogni anno, arrivino qui due milioni di pellegrini per venerare il quadro della Vergine , splendida pittura di fine XIII secolo, seduta in trono con Gesù Bambino in braccio. Un affetto, quello dei campani, che ha radici lontane e che è valso alla Vergine gli appellativi di “Mamma Schiavona” e “Mamma Bruna”. L’icona della Madonna, è infatti un grande ex voto, dono della famiglia reale degli Angiò di Napoli. Gli appellativi di “Mamma Schiavona” e “Mamma Bruna”, furono dati perché il dipinto mostrava la Vergine con una pelle scura, simile a quella degli umili mori africani, insomma una donna semplice tra la gente, in grado di comprendere le fragilità umane.
Nel cinema il Santuario fu rilevante in alcuni film: nel 1939 ne “La Grande Luce” con Amedeo Nazzari; nel 1979 in “Immacolata e Concetta, l’altra gelosia” di Salvatore Piscicelli; nel 1982 in “Tradimento” con Mario Merola, e ultimo nel 2017 in “Veleno” del regista Diego Olivares, una storia d'amore e di coraggio civile, ispirata alla storia vera di un agricoltore morto di tumore nella Terra dei Fuochi, con Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo e Salvatore Esposito (Jenny Savastano in Gomorra). Nel film quella comunità martoriata vive la fede così radicata che si rivolge alla Madonna di Montevergine per chiedere non solo guarigioni ma anche la bonifica dei terreni, per evitare in futuro altre morti.
Infine due curiosità sul santuario
La prima è che durante la Seconda guerra mondiale a Montevergine fu custodita la Sacra Sindone sotto l’altare ligneo. I Savoia, allora proprietari della Sindone, pensarono di affidarla al Vaticano per proteggerla in tempo di guerra; il Vaticano individuò nel santuario di Montenegrine il luogo più sicuro per custodire il telo.
Secondo: La Madonna di Montevergine è ritenuta il simbolo della tolleranza e vicinanza al mondo omosex. Iconicità risalente al 1256 quando due uomini, accusati di omosessualità, furono salvati dalla morte, secondo la leggenda, da Mamma Schiavona e quel miracolo, visto come un segno di tolleranza soprannaturale fece si che da allora i gay divenissero devoti della Madonna bruna.
 
*docente di marketing turistico e local development