Dal 1° gennaio al 30 novembre 2023 sono state ben 1.612 le aggressioni perpetrate da detenuti e internati ai danni di operatori del Corpo di polizia penitenziaria secondo i dati censiti dall’Ufficio Attività Ispettiva e di Controllo del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP).
Con una crescita del 39% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (erano state 1.159), continua irrefrenabile l’escalation di violenza nelle nostre carceri, segno tangibile che anche alcune timide e parziali misure che sono state recentemente introdotte non hanno minimamente inciso sull’ordine e sulla sicurezza penitenziaria, a meno di non voler pensare che abbiano sortito l’effetto contrario a quello che si proponevano”.
Lo dichiara Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria.
“Come avevamo ampiamente previsto e denunciato, allo stato non sembra neppure lontanamente risolutiva la circolare del 28 settembre scorso a firma del Capo del DAP, Giovanni Russo, recante ‘disposizioni in materia di trasferimenti di detenuti e internati per aggressioni a persone’, atteso che nei mesi successivi di ottobre e novembre si sono registrate percentuali di aggressioni maggiori, rispettivamente, del 50% e del 79% rispetto agli stessi mesi dell’anno 2022 e anche in rapporto alla media del periodo da gennaio a settembre dell’anno in corso. Come se non bastasse, 59 sono state le aggressioni nei primi soli 12 giorni di dicembre, fermandosi il rilevamento, appunto, alla data del 12 (104 erano state in tutto il mese di dicembre 2022). Non comprendiamo, pertanto, alcune dichiarazioni entusiastiche di quale esponente governativo che sembrerebbero avvalorare il contrario, senza tuttavia indicare dati e fonti”, spiega il Segretario della UILPA PP.
“Insomma, la cronaca, i fatti, ciò che ci riferiscono quotidianamente le nostre colleghe e i nostri colleghi stremati e colpiti nel morale e nell’orgoglio di servitori dello Stato, prim’ancora che nel fisico, dimostrano tangibilmente che le carceri continuano a essere teatro di violenza inaudita e luogo di morte, se si pensa pure che nell’arco di questo 2023 sono stati 67 i detenuti suicidatisi, cui vanno aggiunti 2 omicidi e, ancora, un agente che si è tolto la vita. Ciò palesemente, discende da politiche completamente sbagliate e miopi che si sono avviluppate almeno negli ultimi due decenni e attribuibili ai vari governi che si sono succeduti, indipendentemente dalle maggioranze che li componevano. L’esecutivo in carica, pur riconoscendo le immani difficoltà in essere e riuscendo ad avere, diversamente che dal passato, una visione complessiva che tiene conto anche delle esigenze operative e del personale per poter adempiere al mandato istituzionale, stenta a intraprendere strategie risolutive, in grado di curare la patologia che affligge il sistema, e al contrario sta adottando provvedimenti utili, forse, solo a lenirne leggermente e in pochi casi i sintomi. Ribadiamo, pertanto, che l’unica cura che può risollevare le sorti delle carceri passa per un “decreto-legge” che, prendendo atto della strisciante emergenza, preveda l’integrazione degli organici della Polizia penitenziaria mancanti di 18mila unità, con cospicue assunzioni straordinarie da conseguire con procedure accelerate, il deflazionamento della densità detentiva e il potenziamento del servizio sanitario pure a riguardo dei detenuti malati di mente, senza peraltro rinunciare a riforme strutturali e complessive da realizzare attraverso una legge delega. Il resto, lo ripetiamo, rischia di essere un palliativo, se non addirittura un placebo”, conclude De Fazio.