di PAOLO LONGOBARDI (Presidente Onorario di Unimpresa)

Gli straordinari risultati delle atlete e degli atleti italiani alle Olimpiadi, ancora in corso, a Tokyo, hanno avuto un merito che va di là dai successi squisitamente sportivi. Successi, peraltro, giustamente enfatizzati e celebrati dai media oltre che dalle istituzioni e da tutti i cittadini del Paese.

Quelle medaglie hanno avuto l’effetto positivo di unire l’Italia e, in questa fase così complessa, dolorosa e ancora difficile, sia sul piano economico sia per quanto riguarda gli aspetti sociali, a cagione della pandemia, si percepiva e si percepisce tuttora, enormemente, il bisogno di stimoli e di simboli. Non tanto per un riscoperto e rinnovato senso patriottico, che pure andrebbe sempre alimentato, quanto per la necessità che una comunità, la nostra – profondamente segnata da oltre un anno di emergenza sanitaria e da consequenziali restrizioni alla circolazione delle persone e delle cose, avverte ovvero di ri-partire con slancio. C’è anche altro. In quelle corse e in quei salti, così come in tutti gli altri gesti delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi dello sport vestiti di azzurro, sembra di intravedere – e forse sì: ci piace vederlo – il riscatto di un Paese, troppo a lungo, talora a ragione, bistrattato e troppo a lungo assai poco rispettato in contesti internazionali. Nello sport e in altri ambiti, dalla società civile alle istituzioni pubbliche, ci siamo quasi abituati a leggere, spesso ad ascoltare, all’estero, considerazioni sempre meno rispettose, considerazioni che, andando ben oltre l’ironia, che pure non andrebbe biasimata, finiscono con manifestare solo scherno e denigrazione: di un popolo, di una storia, di una economia, di tradizioni. I recenti successi nello sport – mi riferisco anche alla vittoria della nazionale di calcio agli Europei e alla prestigiosa finale di Wimbledon giocata dal tennista Matteo Berrettini – è solo una metafora, e forse anche l’esempio, di quello che possiamo raggiungere ovunque. Si tratta di un rispetto che, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, ci stiamo guadagnando anche sul terreno politico. Non succedeva da tempo eppure, grazie al governo guidato da Mario Draghi di cui fanno parte alte figure professionali, il nostro Paese oggi ha riacquistato un peso differente.  L’esito delle trattative con l’Unione europea – esito tutt’altro che scontato – ha assicurato al nostro Paese, grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza, risorse assai rilevanti ed essenziali per consentire all’economia di agganciare un ritmo di crescita sostenuto. Quei 209 miliardi di euro ottenuti dall’Europa sono un risultato eccezionale, forse insperato, un’altra medaglia d’oro che dà orgoglio alle famiglie, ai cittadini e alle imprese. A tutta la comunità. E, mai come oggi, occorre far emergere l’orgoglio italiano, quello che da Tokyo è risuonato in un tutto il mondo. Un orgoglio, se penso alle nostre imprese, specie quelle più piccole, magari anche a conduzione familiare, che non ha motivo di restare sopito. Anzi: dobbiamo pretendere rispetto, nei nostri confini così come altrove. Ma quel rispetto dobbiamo guadagnarcelo giorno dopo giorno. Possiamo essere più veloci di tutti, andare più in alto di tutti. Lo possiamo fare se il governo gestirà i fondi del Pnrr con lungimiranza e con l’opportuna accortezza, soprattutto per evitare sprechi e per arginare il malaffare che cercherà di accaparrarsi una fetta delle risorse destinate dall’Unione europea all’Italia. Tutto questo vale per l’intero Paese e vale in particolare per il Sud: il Pnrr offre la possibilità di uscire dal ghetto e di restituire, ai territori del Mezzogiorno, quello che meritano in termini economici, sociali, civili. Dagli anni del Dopoguerra, il governo di unità nazionale guidato da Draghi – se non sarà indebolito dalle liti strumentali delle forze politiche che compongono la maggioranza parlamentare – ha assegnato al regioni meridionali la più significativa dotazione finanziaria. Così tante risorse pubbliche, al Sud, non si vedevano da tempo. Il Sud merita un sano sviluppo, ma tutto (o quasi) dipenderà dalla capacità di organizzarsi, anche nostra. In quest’ottica, a mio avviso, sarà altresì decisivo un ingrediente impercettibile, ma fondamentale: la fiducia. Bisogna averne tanta e credere nelle potenzialità delle nostre attività d’impresa, puntare quotidianamente sulla bontà dei progetti. È necessario continuare a investire, guardare con intelligenza alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, che non devono rappresentare una mera occasione di riduzione dei costi aziendali, non devono essere scorciatoie per facili guadagni; l’innovazione, le tecnologie e il digitale devono essere occasioni per sviluppare nuovi prodotti e servizi oppure per migliorare quello che già facciamo; devono essere occasioni da sfruttare per guardare avanti sempre con una prospettiva di crescita e progresso. Sarà determinante il gioco di squadra, proprio come nello sport: solo così il Paese potrà tornare a crescere e cambierà, con il contributo e con l’impegno di tutti, come ha già dimostrato di saper fare in altre stagioni della sua storia repubblicana. L’abbraccio dei nostri atleti, sui campi di calcio, sulle piste oppure e in piscina o in altri impianti sportivi, impersonifica il sogno di un’Italia che cambia e vince per l’oggi e per il domani. È con questo presupposto e con questo spirito positivo che intendiamo, alla ripresa dopo la pausa estiva, indirizzare il nostro lavoro quotidiano a servizio delle micro, piccole, medie imprese italiane.