di RAFFAELE LAURO*
Questa settimana segna l’inizio di un mese (coming september!) veramente cruciale per il futuro del nostro Paese, a causa di una concorrente serie di eventi molto delicati, che potrebbero diventare forieri di un caos politico-istituzionale: la ripresa esponenziale dei contagi epidemici, a causa delle contraddittorie disposizioni dell’esecutivo e dell’anarchia istituzionale sempre in atto tra governo centrale e regioni, più volte denunziata, e mai risolta;
la riapertura di un Parlamento ormai ridotto in servitù da un governo “inutilmente accentratore”, con la discussione del quarto decreto economico, che appare ancor più inutile e inefficace dei tre precedenti; i tentativi di una pseudo-maggioranza parlamentare M5S/PD di varare una riforma della legge elettorale, che eviti la sua deflagrazione e che concili i disperati tentativi di evitare una débâcle elettorale, con la caduta del governo Conte II; la contrastata ripresa dell’attività didattica nelle scuole di ogni ordine e grado, decisa nella confusione più totale, che ha messo al muro anche la sperimentata pazienza dei dirigenti scolastici e dei sindacati del settore; i risultati delle elezioni regionali parziali del 20/21 settembre che potrebbero, sul fronte governativo, a dispetto dei sondaggi addomesticati, determinare la fine dei sogni di potere della nuova casta governista dei bramini grillino-democratici, l’ulteriore disfacimento della palude parlamentare dei CinqueStelle, la sconfitta della segreteria Zingaretti e, sul fronte della cosiddetta opposizione parlamentare di centro destra, l’eclisse della leadership leghista di Matteo Salvini, la conferma di quella emergente di Giorgia Meloni e l’agonia del partito-azienda di Silvio Berlusconi; la ghigliottina del referendum elettorale sui tagli, meramente propagandistici e irrazionali, dei seggi parlamentari, che, con la paventata vittoria del sì, determinerebbe il declino definitivo della nostra repubblica parlamentare e la violazione del principio costituzionale della rappresentatività popolare; l’esplodere della crisi economico-sociale.
IL CONVEGNO DI UNIMPRESA DEL 4 SETTEMBRE. UNA PROVA DI BUONA VOLONTÀ, DI RESPONSABILITÀ E DI RESISTENZA DELLE PMI ALL’INCOMPETENZA DOMINANTE. IL FISCO: UN PARADOSSO TUTTO ITALIANO
In questo marasma generale, il convegno di Unimpresa, organizzato a Roma, presso il Palazzo della Minerva del Senato della Repubblica, venerdì 4 settembre, sul tema delle riforme strutturali (fisco, giustizia civile, credito bancario e digitalizzazione della pubblica amministrazione), indispensabili alla ripresa, rappresentano un’ulteriore prova di buona volontà, di responsabilità e di resistenza delle PMI all’incompetenza dominante. Appare utile, quindi, alla vigilia del convegno, approfondire le questioni controverse della riforma-chiave, quella fiscale, derivanti dalle anticipazioni parziali del governo, dirette e indirette, a partire dall’intervista del 25 agosto 2020, rilasciata a “La Repubblica”, dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. Questi ha annunziato una riforma fiscale strutturale, radicale e complessiva, rispetto al caotico sistema fiscale in vigore. A seguito anche delle incessanti proposte, e qualche critica, da parte di Unimpresa e altre associazioni di categoria, per chiedere al governo di riformare l’attuale groviglio di norme fiscali, Ruffini ha chiarito di voler procedere con una riforma che preveda, da una parte, un’ipotetica tassazione dei redditi, di lavoratori autonomi e imprese, con il metodo di “cassa”, e, dall’altra, di voler ricreare cinque testi unici tra imposte dirette e indirette. Un dato positivo appare la presa d’atto ufficiale (finalmente!), da parte del massimo responsabile dirigenziale del fisco nazionale, che il sistema fiscale italiano risulta composto da un multiforme groviglio di norme, paragonabile a un gomitolo di seta, di cui non si riesce a trovare né l’inizio né la fine. La complessità applicativa che ne deriva, nell’interpretazione delle leggi fiscali, è così ampia che perfino l’istituto dell’interpello è stato modificato dal D.lgs. 156/2015 – Revisione della disciplina degli interpelli – sul quale l’Agenzia delle Entrate é stata costretta a fornire chiarimenti, con la circolare 9/E dell’1 aprile 2016. Il decreto del 2015 è stato scritto per dare la possibilità ai malcapitati contribuenti di “chiedere spiegazioni” all’Agenzia delle Entrate, in tutti quei casi (moltissimi, ahinoi!) di obiettiva incertezza interpretativa di una norma fiscale. Un paradosso tutto italiano!
LA NOSTRA MISTERIOSA E SCONOSCIUTA GIUNGLA FISCALE. CINQUE CODICI E RISCOSSIONE MENSILE “PER CASSA” BASTANO PER USCIRNE?
Risulta, pertanto, altrettanto innegabile, come riconosciuto da Ruffini, che anche il più esperto conoscitore del sistema tributario italiano non conosca, in realtà, fino in fondo tutta la normativa tributaria. Il numero delle leggi fiscali e la loro farraginosità, infatti, rendono impossibile acquisire la certezza sulle norme che un imprenditore di qualsiasi dimensione debba affrontare circa gli investimenti da fare sul territorio nazionale o internazionale. Per cui, la programmazione degli investimenti non è mai chiara, tantomeno sicura nei contenuti, perché la nostra misteriosa e sconosciuta giungla fiscale, oltre a essere confusa e incomprensibile, viene modificata in corso d’anno, più e più volte. Il fisco, dunque, oggetto misterioso e anello debole delle previsioni imprenditoriali! Un’altra beffa, perché gli imprenditori, nella programmazione dei loro piani di espansione e nella valutazione delle dinamiche dei costi e ricavi, non possono contare su dati completi e affidabili. Appare interessante, inoltre, la proposta di varare cinque codici che ricomprendano le imposte dirette e indirette. Il vantaggio sarebbe, senza dubbio, una rivisitazione e la semplificazione completa delle norme nel loro insieme. Unimpresa auspica, a riguardo, che venga preso, come esempio, il sistema tributario anglosassone: un ordinamento semplice, breve ed estremamente lineare che non lascia alcun margine di dubbio all’interpretazione del contribuente. Ruffini, tuttavia, non chiarisce come si intenderà procedere, in sede tecnica, a livello governativo e parlamentare, né quali siano i tempi prevedibili per un’opera così imponente da far tremare i polsi anche a un novello Giustiniano! Certamente la grande riforma richiederà l’ausilio non solo di riconosciuti esperti della materia tributaria, ma anche professionisti che vivono e affrontano quotidianamente le incertezze di queste norme per conto dei propri disperati clienti. La sfida, quindi, è certamente quella della tempistica richiesta per rivedere le norme tributarie, nel loro complesso, e renderle, a livello macroeconomico, idonee alla provvista delle entrate necessarie alla spesa annuale, nel rispetto del patto di bilancio europeo. La strada tracciata è senz’altro quella giusta, ma è necessario ora un intervento urgente del governo per definire, in modo chiaro e preciso, i principi, i contenuti e i tempi di questa riforma-chiave. Un aspetto non secondario del quadro da riformare, sempre annunziato da Ruffini, riguarda i tempi e le modalità di riscossione dei tributi: il passaggio da un metodo che prevede il calcolo annuale delle imposte sui redditi a un metodo “per cassa” su base mensile o trimestrale. Vale la pena, in questa sede, approfondire i vantaggi, gli svantaggi e le numerose criticità di questo ipotizzato cambiamento.
VANTAGGI E SVANTAGGI DI UN SISTEMA “PER CASSA”
Innanzi tutto, va chiarito che, per poter lavorare su un sistema di cassa o, comunque, di liquidazione trimestrale/periodica, necessiti eliminare la prassi delle riprese fiscali per la determinazione delle imposte. Infatti, a oggi, all’utile civile, che si ottiene sottraendo i costi dai ricavi, si devono risommare, come fossero ricavi, tutti quei costi che non sono considerati deducibili ai fini delle imposte dirette e IRAP (ad esempio, le auto sono deducibili solo al 20%, le utenze telefoniche all’80%, ecc.). Quindi, se si consegue un utile di 1.000, e i costi delle auto sono 100 e i costi del telefono sono 100, a questi 1.000 euro di utile bisogna aggiungere 100, ossia 80 euro relativi ai costi delle auto e 20 euro relativi ai costi del telefono. La base imponibile diventerebbe così 1.100 e su questa sarebbe necessario applicare il 24% di IRES: una procedura impossibile da realizzare, per le imprese, su base mensile o trimestrale. Da ciò è facile dedurre come dovrebbe essere eliminato definitivamente l’arcaico sistema delle riprese fiscali. Per quanto riguarda i vantaggi, essi sarebbero enormi per le casse dello Stato, perché avere liquidità, su base mensile o trimestrale, darebbe la possibilità di fare una programmazione di bilancio molto più certa (evitando così, ogni anno, le reprimende europee circa il non raggiungimento di quanto promesso in termini monetari!). Per le imprese il vantaggio sarebbe di evitare un ingente esborso di fine anno, spesso omesso per evidenti crisi di liquidità. In una fase pandemica, come quella che stiamo vivendo, se fosse già in vigore un sistema di cassa, le imprese avrebbero già versato buona parte delle imposte dell’anno precedente e avuto meno problemi ad affrontare il dramma dei versamenti, che andrà in scena da questo settembre a dicembre 2020. Un altro vantaggio per le imprese consisterebbe nell’eliminazione del sistema degli acconti d’imposta che svenano le imprese, costrette a versare somme su un ipotetico reddito “imprevedibile”, da produrre l’anno successivo. Inoltre, più è alto il saldo dell’anno precedente più aumentano gli acconti (che altro non sono che il 100% del saldo diviso in due tranche). In tal modo, avendo lo Stato fatto cassa per tempo, in corso d’anno, in fieri, non può più chiedere acconti, alleggerendo le imprese da tale pesante fardello. Con le somme degli acconti soppressi, le imprese potrebbero fare investimenti aggiuntivi e crescere in termini di fatturato e know how, rendendo la propria azienda più solida.
LE POSSIBILI CRITICITÀ
Conviene esaminare, in via preventiva, anche eventuali criticità e abusi da parte dei contribuenti, onde prevenire possibili ripensamenti in corsa del legislatore con un motivato ripristino del vecchio sistema, con danni alle imprese corrette che vedrebbero cambiare nuovamente il sistema del calcolo delle imposte. Quali criticità e abusi? Le imprese potrebbero essere tentate di “gonfiare i costi” relativi alle spese di rappresentanza, ai costi auto, alle spese telefoniche, ai viaggi e ai soggiorni di lavoro, per pagare meno imposte. La soluzione, così come prospettata per le spese detraibili delle persone fisiche, dovrebbe essere l’applicazione di sanzioni molto severe. Non ci sono altri deterrenti, se non l’applicazione di sanzioni pesantissime che scoraggino i contribuenti dal compiere illeciti, consistenti nell’aumento artificioso dei costi per abbattere le imposte. Un altro aspetto problematico riguarderebbe il rinvio dell’emissione di fatture, su base mensile o trimestrale, per non pagare le imposte o rinviarle comunque a fine anno. Dovrebbe, anche in questo caso, esserci un controllo tempestivo che faccia scattare l’allarme, se il 60% o il 70% del fatturato fosse concentrato nell’ultimo trimestre dell’anno, rimettendo al contribuente l’eventuale giustificazione di tale anomalia. In merito all’IVA, già esiste il meccanismo della comunicazione trimestrale al fisco per segnalare se le imprese e i lavoratori autonomi sono a debito, e devono versare, o se sono a credito (per questa ragione il Direttore AE ha anticipato l’applicazione di questo meccanismo anche alle imposte dirette, cosa di cui i commercialisti dibattono da decenni). Tutte le partite IVA, infatti, devono elaborare le LIPE (Liquidazioni Periodiche Trimestrali) e il fisco registra in tempo reale se i contribuenti hanno versato l’IVA dovuta o, se a credito, l’hanno compensata correttamente. In caso contrario, il fisco la recupera immediatamente senza dover aspettare la presentazione della dichiarazione IVA l’anno successivo. Di fatto, dunque, hanno già reso l’IVA “per cassa”. Anche per l’IVA, tuttavia, vale il principio di elevare le sanzioni, perché una malsana prassi, come per le imposte dirette, tende a posticipare l’emissione delle fatture per evitare di versarla o di “limare” il fatturato, rinviandolo all’anno successivo per pagare meno imposte. Esistono sanzioni per l’IVA e per le imposte dirette, dettate dal Dlgs 74/2000, ma questo decreto prevede soglie troppo “lasche”, per cui bisogna modificarle, se si vuole applicare, con serietà e prevenzione, il sistema di cassa preannunziato.
IL GRIDO DI DOLORE DELLE PMI SARÀ RACCOLTO?
Unimpresa, nell’imminente convegno, sarà impegnata a fornire al governo, al parlamento, alle forze politiche e all’opinione pubblica, con umiltà, con rispettosa attenzione e con doverosa determinazione, ulteriori e più approfondite riflessioni, sui temi delle riforme da approvare con urgenza, a partire da quella fiscale, senza ulteriori indugi, rinvii, mediazioni al ribasso e tentennamenti, se si intende dare veramente un segnale di reazione positiva, anche psicologico, al mondo imprenditoriale e, in particolare, a quello delle micro, piccole e medie imprese, che vivono il momento più difficile delle loro gloriosa storia e affronteranno un autunno pieno di incognite, anche a causa delle conclamate carenze di direzione e di gestione politica del nostro Paese. Non si tratta di riflessioni accademiche, magari maturate nel chiuso di salotti riservati, ma di suggerimenti e proposte che Unimpresa, come altre associazioni rappresentative, raccoglie dalla base, dalla vita quotidiana delle imprese e dai travagli quotidiani degli imprenditori, cioè dalla “carne viva” del tessuto economico-produttivo nazionale. Questo grido di dolore, propositivo e non fine a se stesso, sarà raccolto?
* Segretario Generale di Unimpresa