
Non solo cultura, ma anche buon cibo. La serata, infatti, sarà anche l’occasione, per l’archeo-ristorante “Caupona”, di presentare il menù di Pomponiano, dedicato proprio al senatore dell’Impero Romano e come sempre ispirato alla cucina dell’antica Pompei. La gustatio (entrée) prevede una focaccia con formaggio di capra, miele e lampascioni. Il promulsis (odierno antipasto) consiste in pollo selvatico ripieno di funghi porcini, pancetta, spezie orientali e asparagi saltati con cannella, noci tostate e datteri. La prima mensa è una zuppa di orzo, farro, cavolfiore, zafferano, erbe aromatiche e panis croccante. Per secunda mensa, viene servito capocollo di maiale brasato al Falerno con pepe, cumino, coriandolo, alloro, rosmarino e stufato di cicoria allo zenzero. Infine, il dessert è una ricotta di pecora dolcificata con miele, carruba e fichi. Le portate inserite nel menù dedicato al senatore stabiese sono state ricostruite grazie al lavoro dello studioso Francesco Di Martino, patron dell’archeo-ristorante Caupona, con la collaborazione di archeologi e storici. La preparazione dei piatti, invece, è stata affidata agli executive chef Aldo Nappo, Nicola Cesarano, Emilio Cortiglia che hanno combinato competenze storiche e culinarie.
Sorto nel 2016, “Caupona” è il primo ristorante archeo-esperienziale ispirato alla città distrutta dal Vesuvio nel 79 d.C., dove mangiare diventa un’immersione negli usi e nei costumi della Pompei antica. Cibi e bevande, ispirati alle ricette di autori del passato sono serviti in piatti e coppe di terracotta da personale in abiti d’epoca. Anche gli ospiti possono indossare gli abiti romani (imbustati e sanificati), il tutto per rendere l’esperienza ancora più unica e coinvolgente.Tutto l’ambiente di Caupona riproduce, nei minimi particolari, le caratteristiche di una locanda e di una casa di epoca romana. L’accogliente giardino si rifà a quello di una domus, con una fontana zampillante circondata da cipressi, viti, rosmarino, aranci e limoni. Tutti i dipinti murali e gli affreschi sono stati riprodotti a mano, come usavano fare anche i “copisti” dell’antica Pompei.