La “Washington Post”, storico quotidiano statunitense di proprietà del miliardario Jeff Bezos, è nella bufera da venerdì, quando il suo editore ha annunciato la decisione di non appoggiare ufficialmente nessuno dei due candidati alla Casa Bianca in vista delle elezioni del prossimo 5 novembre: né il repubblicano Donald Trump, né la democratica Kamala Harris.
Il mancato endorsement a Harris ha innescato una rivolta interna alla redazione e ha spinto migliaia di lettori di orientamento democratico a cancellare i loro abbonamenti al quotidiano. Diversi dipendenti ed ex dipendenti del giornale hanno polemizzato pubblicamente con la decisione, affermando che rifiutare di compiere una scelta di campo rappresenti un tradimento dei principi fondativi della testata. Diversi lettori di alto profilo del quotidiano – tra questi l’autore Stephen King e l’ex deputata repubblicana Liz Cheney, nota per la sua ostilità a Trump – hanno annunciato pubblicamente di aver disdetto il loro abbonamento in risposta alla decisione della testata di non appoggiare la candidatura di Harris. L’editore della “Washington Post”, William Lewis, ha annunciato venerdì 25 ottobre che il quotidiano ha deciso di “tornare alle radici e non appoggiare alcun candidato alla presidenza”: una scelta che molti democratici hanno interpretato alla stregua di un vero e proprio tradimento, specie perché stando a indiscrezioni circolate negli ultimi giorni, il quotidiano aveva già pronta la bozza di un editoriale in cui annunciava invece il proprio appoggio alla candidatura della vicepresidente Harris.