Il Trianon Viviani partecipa alla Festa della Musica, domani, venerdì 21 giugno, alle 20:30, con una nuova produzione: “La Serva padrona”, il capolavoro di Giovanni Battista Pergolesi su libretto di Gennaro Antonio Federico.
Il celebre intermezzo buffo settecentesco è stato ambientato dal regista Mariano Bauduin nel salotto di Salvatore Di Giacomo e vede, come interpreti, il soprano Giovanna Caterina Di Luca, il basso Francesco Auriemma e l’attore e baritono Maurizio Murano.
Ad accompagnare la compagnia di canto l’Orchestra da Kamera e il coro dei Piccoli Cantori di Forcella. L’Orchestra, diretta da Paolo Acunzo, è costituita da maestri e allievi di due complessi giovanili partenopei che hanno adottato il modello didattico “el Sistema” di Josè Antonio Abreu: Sanitansamble e Piccola Orchestra di Forcella. I Piccoli cantori sono diretti da Vincenza D’Ambrosio.
«Per l’importante appuntamento della Festa della Musica – spiega Gianni Pinto, presidente del Trianon Viviani – la fondazione teatrale pubblica ha seguìto la propria missione culturale e sociale, producendo un nuovo allestimento di un capolavoro del patrimonio musicale di Napoli e dell’Europa, al quale partecipano maestri e allievi di formazioni giovanili di Forcella e della Sanità che sono un rilevante strumento di promozione della musica, inclusione sociale e lotta alla povertà educativa».
Gli fa eco Antonio Roberto Lucidi, presidente di Sanitansamble e membro del cda del Trianon Viviani con delega ai rapporti con il territorio: «La Serva padrona è una bella occasione con la quale il teatro si apre al territorio. Il lavoro, portato avanti dalla prestigiosa collaborazione fra i maestri Bauduin, Acunzo e Baratta, solo per citare qualche nome, coinvolge i giovanissimi del Coro e dell’Orchestra di Forcella e della Sanità. La rappresentazione sarà impreziosita dalle mostre degli abiti originali della Gatta Cenerentola realizzati dalla grande Odette Nicoletti, e dall’esposizione delle prestigiose statuine dell’arte presepiale napoletana del maestro Vincenzo Capuano. Una splendida sinergia per favorire cultura partenopea e inclusione e per sconfiggere, insieme, le povertà educative».
Per Marisa Laurito, direttore artistico del teatro, «il Trianon Viviani è il teatro della Canzone napoletana, ma si propone anche di custodire e diffondere le espressioni più autentiche della nostra cultura musicale di ieri e di oggi: La Serva padrona, che mettiamo in scena per la Festa della Musica, è un atto di celebrazione e valorizzazione delle nostre radici artistiche. E questa produzione, nella particolare ambientazione nel salotto di Salvatore Di Giacomo, ideata da Mariano Bauduin, restituisce un senso di continuità e vivacità del nostro patrimonio musicale».
La Serva padrona è a ingresso libero, fino a esaurimento dei posti. È gradita una conferma di partecipazione scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Con la messa in scena pergolesiana il teatro della Canzone napoletana espone anche un presepio: una scena della Natività in scarabattola nello stile settecentesco napoletano, curata dai fratelli Capuano, promossa dall’Associazione delle Botteghe di San Gregorio Armeno, presieduta da Vincenzo Capuano. L’opera sarà in mostra fino a sabato 29 giugno, a ingresso libero, dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 13:30 e dalle 16 alle 19.
Per informazioni: teatrotrianon.org, telefono 081 2258285, email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Il Trianon Viviani si avvale del sostegno del ministero della Cultura e della Regione Campania (Poc 2014-2020), con il patrocinio di Rai Campania.
“La Serva padrona”
Scritta come intermezzo in due parti tra gli atti del dramma per musica Il prigionier superbo dello stesso Pergolesi, La Serva padrona fu rappresentata per la prima volta, nel 1733, al teatro San Bartolomeo di Napoli in occasione del compleanno dell’imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, consorte di Carlo VI d’Asburgo e madre di Maria Teresa d’Austria.
Il libretto era opera di Gennaro Antonio Federico, accorto autore di numerosi testi per musica, tra cui, sempre per Pergolesi, Il Flaminio e Lo frate ’nnamorato.
Questo intermezzo buffo creava un nuovo modello di comicità, particolarmente vivo fino a Rossini, con la figura della protagonista Serpina che può essere ritenuta tra gli antesignane del ruolo della servetta brillante, o soubrette, che sarà tipica anche nell’operetta.
La Serva si imponeva in Europa e, verso la metà del secolo dei Lumi, era all’origine della “querelle des bouffons”, la contesa estetica che contrapponeva Rousseau e gli Encyclopedistes – partigiani dell’opera italiana, ritenuta più gradevole, spontanea e naturale – agli intellettuali propugnatori della paludata opéra lyrique.
La trama è la storia della serva Serpina che diventa la padrona della casa. Il suo padrone Uberto si sveglia arrabbiato perché lei è in ritardo nel servire la tazza di cioccolato mattutina. Dopo un vivace battibecco, Uberto decide, quindi, di sposarsi per far ingelosire Serpina, ma lei ribatte intimandogli di rimanere a casa. Successivamente Serpina rivela a Uberto che ha trovato un marito, un soldato chiamato Capitan Tempesta. Uberto è colpito dalla notizia, ma cerca di nascondere i suoi sentimenti. Quando Serpina chiede a Uberto di incontrare il suo futuro sposo, lui accetta a malincuore. Il Capitano è in realtà l’altro servo Vespone, travestitosi per complicità con Serpina. Alla richiesta di una dote di quattromila scudi, Uberto capitola e accetta di sposare Serpina. Vespone si smaschera e Uberto, felice del lieto fine, lo perdona, mentre Serpina sentenzia «E di serva divenni io già padrona».
Bauduin costruisce uno spettacolo in stile liberty, recuperando le atmosfere di inizî Novecento: «È l’epoca in cui il belcanto era tanto diffuso da soverchiare i canonici spazi dei grandi teatri, giungendo anche nelle case, nei salotti – illustra il regista –: così che, per il teatro della Canzone napoletana, ho immaginato l’ambientazione nel salotto illustre del poeta Salvatore Di Giacomo, ex direttore della biblioteca del conservatorio di San Pietro a Majella, ma, ancor più, “figlio del Settecento”, così come volle definirlo Benedetto Croce».
Inoltre Bauduin, di intesa con il direttore Acunzo, inserisce due arie: “Chi disse ca la femmena” e il duetto finale Per te ho io nel core, rispettivamente tratte dalle opere buffe Lo frate ‘nnamorato e Il Flaminio.
Questa nuova produzione del Trianon Viviani vede in scena il soprano Giovanna Caterina Di Luca e il basso Francesco Auriemma, rispettivamente nei panni della serva Serpina e del padrone Uberto. L’attore e baritono Maurizio Murano è il servo Vespone, tradizionalmente interpretato da un mimo, che canta l’aria “Chi disse ca la femmena”.
I costumi sono di Marianna Carbone, le luci di Gianluca Sacco e l’audio di Daniele Chessa. Il maestro sostituto e al cembalo è Giuseppe Galiano. La direzione esecutiva dell’Orchestra è di Maurizio Baratta, quella didattica di Gabriele Bernardo. Il maestro preparatore del coro è Katia Cherubini.
scena della Natività in scarabattola nello stile settecentesco napoletano
L’Associazione delle Botteghe di San Gregorio Armeno, presieduta da Vincenzo Capuano, promuove l’esposizione di una scena della Natività in scarabattola nello stile settecentesco napoletano, curata dai fratelli Capuano.
La tradizione partenopea dell’arte presepiale ha avuto un particolare impulso al tempo di Carlo di Borbone, caratterizzata da un modello originale in cui la semplice rappresentazione religiosa si apre alla messa in scena barocca della vita quotidiana, in cui i personaggi hanno caratteri realistici come quelli della contemporanea opera buffa.
I fratelli Capuano, eredi di una lunga tradizione artigianale, operano in una delle botteghe storiche di via San Gregorio Armeno, centro della produzione presepiale napoletana.