Nel bene e nel male. In caso contrario si resta come sospesi in una sorta di "limbo", prigionieri dell'ignavia, vile e meschina. Da eretico ed anticlericale (fin troppo accondiscendente verso chi predica), rivolgo i miei auguri più schietti a coloro che confidano nella lealtà e nella sincerità delle persone, nell'onestà (intellettuale), per cui non mi rivolgo a quanti vivono in una condizione di malafede, in un clima di omertà e di indifferenza. Il valore dell'amicizia non si può invocare ad uso e consumo personale, ovvero solo quando più ci conviene. Tempo addietro, ho conosciuto e frequentato alcuni sedicenti "amici". Per costoro io mi sono esposto, personalmente e politicamente, in varie situazioni che non mi piacevano affatto e mi sono persino inimicato alcuni notabili locali. Dov'erano loro, i presunti "amici", quando mi sono fatto coinvolgere in polemiche per servire la loro "causa"? Ebbene, erano intenti a studiare calcoli e tatticismi, curando i propri affari. Un'amicizia fondata sulla convenienza e sul calcolo utilitaristico, non è un'amicizia autentica, sincera e disinteressata. Da parte mia non ho mai anteposto nulla al valore dell'amicizia, ancor meno la mia utilità, i miei affari ed i miei egoismi. A differenza di chi, meschino, è aduso a calpestare e a strumentalizzare i rapporti interpersonali per privilegiare ad ogni costo le proprie ambizioni e realizzare i propri interessi venali. È Natale e vorrei essere più "buono", ma non ci riesco. È sempre attiva in me una pulsione di "sana cattiveria" interiore, una sorta di tensione morale alla verità. È una spinta etica che mi induce ad essere schietto ed onesto, forse addirittura troppo sincero. Un modo di essere che risulta "crudele" agli occhi dei farisei, che predicano bene, spesso male, ma razzolano male, anzi peggio. Se non erro, fu Gesù (di cui oggi ricorre la natività) ad esecrare in modo assai duro ed esplicito i farisei del tempio. E da questi Gesù fu osteggiato e perseguitato ferocemente fino alla condanna a morte, che si consumò tramite la crocefissione. Per cui delle reazioni di scandalo dei benpensanti e moralisti di ogni sorta e provenienza, detto francamente, non mi interessa granché. Da rivoluzionario, non posso che ricercare il vero ad ogni costo. Poiché la verità è un atto rivoluzionario. Pertanto, rinnovo i miei migliori auguri, ma soprattutto un auspicio sincero affinché si riesca a progettare e a costruire assieme un avvenire migliore. Come diceva Marx (stavolta mi riferisco a Groucho, non a Karl): "Mi interessa molto il futuro. È lì che passerò il resto della mia vita". Ebbene, è giusto abituare i nostri figli a vivere nella menzogna? Non occorre farsi crocifiggere per difendere una verità. Non la Verità intesa in senso assoluto, o metafisico. Io sono un relativista, per cui non ho simili pretese: conoscere la Verità assoluta. Chi potrebbe mai custodire una simile Verità? Solo un Dio eterno ed onnisciente. Ma esiste davvero? E se esiste, perché non si mostra? Perché non interviene ad aiutarci? Evito di aprire un ragionamento infinito, soprattutto terribile. A noi essere mortali ed "ignoranti" (in termini socratici) sarebbe, in ogni caso, inaccessibile. La Verità. Per cui è evidente che mi riferisco a verità semplici, relative, conoscibili, alla nostra portata. Le verità che vivono nella storia umana e richiamano un valore che suscita scandalo in quanto contrasta visibilmente con l'ipocrisia sociale, su cui si stabiliscono i rapporti e le convenzioni politiche ed istituzionali dominanti. Esaltare o recuperare un po' di onestà, di questi tempi, provoca forti reazioni di scandalo. Chiudo (ma il discorso è assai vasto e complesso, ed implica agganci ad altri temi) lanciando una sorta di provocazione: che senso può avere il dissociarsi da un modo di vivere onestamente quando lo fanno già tutti (o quasi) nella società in cui viviamo? Sarebbe fin troppo facile. Se si prendono le distanze da tutto il marciume dell'ordine sociale, tutto si fa più arduo e scomodo. Le ostilità e le inimicizie ci assaliranno. Ma il tempo saprà ripagarci nell'avvenire.
PENSIERI & PAROLE - IL TEMPO DEI RIMORSI O DEI RIMPIANTI?
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di LUCIO GAROFALO
Quando il tempo dei rimpianti è già trascorso, mentre il tempo dei ricordi è ancora lontano, vuol dire che è sopraggiunto il tempo dei rimorsi. Il che non significa necessariamente che si è arrecato del male, ma soltanto che si è vissuto.