el blues 2 min 1

Da venerdì 22 ottobre (fino a domenica 24 ottobre) Milva Marigliano e Igor Esposito sono i protagonisti di EL BLUES DI LOI con i versi di Franco Loi e la drammaturgia di Igor Esposito con sonorizzazioni e tromba Ciro Riccardi.

El blues di Loi è una performance teatrale dove un’attrice e un poeta accompagnati da un musicista portano in scena i versi di una delle personalità poetiche più potenti del secondo Novecento italiano: il poeta Franco Loi. Un blues che si dipana attraverso quattro stazioni drammaturgiche. Nella prima è il poeta a prendere parola per divenire, al contempo, confessione e meditazione sull’atto del fare poesia e del vivere. Nella seconda stazione prende corpo il teatro in cui il poeta è vissuto: la città di Milano; modulando malinconie, sogni, speranze, memorie e rabbia. E qui il canto s’invera grazie ad una lingua -per dirla come scrisse il poeta- che si pisciava nelle strade della città meneghina: il dialetto milanese, al quale Loi è sempre rimasto fedele e che nel recital, pur nell’ardua traducibilità d’ogni verso, si alterna all’italiano e al napoletano, marcando il valore universale della poesia di Loi. Infine, nella terza e quarta stazione, dialogano e si sovrappongono, in un violento chiaroscuro, l’amore e la morte per poi ritornare alla voce del poeta che noi, oggi e sempre, vogliamo ricordare.

El Blues di Loi - dice Milvia Marigliano - non ha le caratteristiche canoniche di uno spettacolo, ma di una performance, in quanto è un connubio tra un poeta, un musicista e un’attrice. Igor Esposito è riuscito a plasmare una drammaturgia che ha un andamento narrativo come se fosse un monologo fatto di storie e stati emotivi. Tutto ciò si è potuto realizzare grazie alla natura della scrittura di Loi. Poi c’è l’intuito straordinario di fondere la forza della lingua milanese con quella napoletana e italiana; generando così un plurilinguismo che mi appartiene essendo io mezza milanese e mezza napoletana. Infine Franco Loi ha la capacità di toccarti l’anima con una semplicità che appartiene ai grandi.

Il nostro lavoro parla di dolore, di gioia, di morte, di vita ed è per questo che ci commuove e nello stesso tempo ci ricorda la fragilità del nostro esistere.