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di LUCIO GAROFALO
Esordisco con un consiglio rivolto a chiunque abbia il desiderio di recarsi nei prossimi giorni al cinema a vedere il film di Matteo Garrone: evitate di leggere il mio post. Fatto questo utile ed amichevole avvertimento, mi accingo ad andare immediatamente al punto: il Pinocchio di Matteo Garrone mi ha deluso.
Non c'è alcun paragone con lo sceneggiato televisivo girato da Luigi Comencini nel 1972. All'epoca, io avevo circa 8 anni. Esattamente l'età del protagonista che indossava i panni di Pinocchio. La miniserie che fu trasmessa da Rai1, la rete pubblica che in quegli anni ricchi di fermenti sociali e culturali, ricoprì un ruolo altamente pedagogico, vanta un cast ricco di attori eccezionali: Nino Manfredi nelle vesti di un babbo Geppetto immenso (altro che Roberto Benigni, che pure si è impegnato a non sfigurare), il Gatto e la Volpe interpretati da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che formavano una coppia collaudata da anni, non come quella improvvisata tra Rocco Papaleo e l'ironico Massimo Ceccherini (riuscita con esiti discreti), il piccolo Andrea Balestri, che aveva solo 8 anni, ma si rivelò straordinario e perfetto nel ruolo di Pinocchio, quindi una Fata Turchina impersonata dalla magnifica Gina Lollobrigida e via dicendo. Insomma, si tratta di un'opera assolutamente impareggiabile. Ma il riferimento a quel sommo capolavoro è inevitabile, temo. La trama narrativa della fiaba di Carlo Lorenzini, in arte Collodi, è arcinota a tutti nel mondo, grandi e piccini, per cui ciò che rende la differenza risiede altrove: nel livello qualitativo della sceneggiatura e della regia e nella caratura artistica e tecnica degli attori, nella fotografia, nel montaggio e nella colonna sonora. In ogni caso, andate a vedere il film e non fatevi condizionare dal mio giudizio: io sono sempre stato oltremodo esigente e critico in materia di film, in quanto mi sono abituato ed educato fin troppo bene. Alla mia età credo di aver visto numerose riduzioni cinematografiche e televisive della più celebre fiaba del mondo: alcune, ben rare, risultano dei capolavori (penso, appunto, all'opera di Luigi Comencini); altre, invece, sono prodotti più o meno mediocri. Il film di Matteo Garrone si inserisce in questa seconda fascia. In verità, mi è parso troppo ambizioso, se non velleitario, avendo (mi pare) la pretesa di inseguire ed emulare quel modello che è, di fatto, inimitabile ed irraggiungibile.
 
Lucio Garofalo