Si è concluso con successo, ieri sera ad Aversa, il convegno sul tema: “Quale giustizia?”, promosso dal Club Rotary “Aversa Terra Normanna”, presieduto dall'avvocato Carlo Maria Palmiero.
Come nelle precedenti occasioni, il club Rotary ha offerto ai numerosi soci e cittadini, radunati presso la sala convegni dell'hotel del Sole, la possibilità di farsi un'idea diretta su uno dei temi ad oggi più dibattuti nel nostro Paese.
Infatti, dopo aver affrontato i temi dell'integrazione culturale sociale tra persone di diversa fede religiosa ed etnia, a luglio; delle prospettive di pace in considerazione dei venti di guerra all'orizzonte, con le testimonianze del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito italiano, generale Carmine Masiello e della giornalista del Tg1 Stefania Battistini; ieri è stata la volta del magistrato Luca Palamara, dallo Stato radiato, che ha raccontato la sua versione dei fatti che lo hanno riguardato ed ha spiegato, con grande meticolosità, le premesse storiche e di fatto che via via hanno determinato quella vicenda e quelle successive.
Il cosiddetto “caso Palamara”, ha disvelato il ruolo delle “correnti” nell’assegnazione degli incarichi ai magistrati italiani: è affiorato un sistema di gestione della giustizia che ha disorientato la cittadinanza, facendo emergere il presunto condizionamento delle correnti presenti nel Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) nei processi di nomina in magistratura.
Il caso ha mostrato come il sistema attuale, in cui giudici e PM appartengono allo stesso ordine, possa essere soggetto a influenze e manovre, riaccendendo il dibattito sulla separazione delle carriere, quale soluzione per garantire trasparenza e ridurre i rischi di commistioni tra potere giudiziario e carriere interne.
La separazione delle carriere dei magistrati è un tema centrale nel dibattito sulla giustizia italiana.
Attualmente, i magistrati possono passare tra le funzioni di pubblico ministero (PM) e giudice, mantenendo un'unica carriera.
I sostenitori della separazione chiedono una divisione netta tra le due carriere per garantire l’imparzialità del giudice, ritenendo che la vicinanza tra giudici e PM possa influire negativamente sull'equilibrio del processo.
Argomenti a favore:
Terzietà del giudice: La separazione renderebbe il giudice davvero indipendente dall’accusa.
Indipendenza reciproca: Eviterebbe influenze tra giudici e PM, garantendo un processo più equo.
Modello accusatorio: Rafforzerebbe la logica di confronto tra accusa e difesa con un giudice terzo.
Argomenti contro:
Unità della magistratura: La separazione rischia di frammentare la magistratura, riducendo la visione globale del sistema.
Indipendenza del PM: Si teme che un PM separato diventi più dipendente dal potere esecutivo, riducendone l’autonomia.
Sistema di autogoverno: Creare due organi separati per giudici e PM potrebbe indebolire l'autogoverno unitario della magistratura.
Nel corso del dibattito sono state anche esaminate le possibili conseguenze - in uno alle prospettive di cambiamento - del Disegno di Legge Costituzionale dal titolo “norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”, presentato lo scorso maggio dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Giustizia, in discussione in Parlamento.
Coordinati dall’avvocato Carlo Maria Palmiero, oltre a Palamara, a confrontarsi su queste tematiche sono stati: Giuseppe Cioffi, Magistrato, Presidente di Sezione Penale presso il Tribunale di Napoli Nord; Raffaele Costanzo, Penalista, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli Nord, socio del Club; Alfonso Quarto, Penalista; Rocco Romeo, Giornalista, TeleClub Italia, Giovanni F. Russo, Direttore di TeleClub Italia.
Nell'incontro, tra i primi in Italia su questa tematica, particolarmente riuscito per la qualità degli interventi, è stato infine evidenziato come sia delicato l'intervento normativo in questa materia, addirittura con provvedimenti di rango costituzionale, per la necessità di mantenere gli equilibri tra poteri, impedendo la indebita prevaricazione dell'uno sull'altro a discapito del sistema immaginato in costituzione a garanzia del corretto esercizio della democrazia.