Gennaro Savio e il giornalista Carlo Lucarelli 1 1

Carlo Lucarelli, il noto scrittore, giornalista, sceneggiatore e autore televisivo che attraverso la trasmissione “Blu Notte” ha raccontato tutti i tragici avvenimenti verificatisi nella cosiddetta Prima Repubblica, in un’intervista rilasciata al giornalista Gennaro Savio ha risposto alle domande che ognuno di noi si pone su storie e storiacce che hanno segnato la storia nostro Paese. Politica, mafia, P2, servizi segreti, Emanuela Orlandi, la strage di Bologna e quella di Portella della Ginestra sono solo alcuni degli argomenti trattati. Per un’intervista da leggere e da ascoltare…

Carlo Lucarelli lo abbiamo incontrato e intervistato nei giorni scorsi a Ischia dove è stato ospite dell’Ischia Noir Festival. Più che un’intervista, quella che abbiamo registrato è stata quasi una chiacchierata tra vecchi amici. D’altronde da ragazzo seguivo costantemente “Blu Notte” e di tanto in tanto continuo a guardare qualche puntata su YouTube. Qualcuno può pensare che in programmi televisivi come questo, il conduttore possa recitare un po’ la parte. Non è così per Lucarelli. Nel modo di gesticolare e parlare col suo tono pacato, mi ha dato l’impressione di fare un viaggio nel tempo per ritrovarmi negli studi Rai a seguire una delle sue storiche trasmissioni. È stato un viaggio nel tempo di 15 minuti durante il quale abbiamo parlato veramente di tante cose. Di seguito c’è il testo dell’intervista.

Savio: Lucarelli, lei è scrittore, giornalista, sceneggiatore, conduttore televisivo e radiofonico, curatore editoriale e fumettista. Tanta roba davvero. Ma se per definirsi dovesse scegliere una sola professione, quale sceglierebbe?
Lucarelli: Beh, scrittore. Sì, scrittore di romanzi, prevalentemente noir. Se ci fosse una lista in cui uno deve andare a iscriversi e può fare solo quello, io vado sotto a: scrittore di romanzi.
Savio: Tanto è vero che proprio un romanzo l’ha reso noto al grande pubblico: “Falange Armata”. Un libro che sembra anticipare la conclusione della storiaccia della Uno Bianca: quando la realtà supera la fantasia.
Lucarelli: Certo, è vero, è vero. È che la realtà supera sempre la fantasia, noi dobbiamo renderci conto di questo. Quello che noi immaginiamo o che scopriamo in quel momento come incredibile e straordinario, è già avvenuto, avviene da un sacco di tempo. Se io scrivo un romanzo come “Falange Armata” sulla Uno Bianca, è perché c’è la Uno Bianca, c’è già stata. E molte delle ipotesi che frullavano attorno alla testa delle persone in quel periodo c’erano già. E io semplicemente ne ho presa una. Quindi non è che la realtà ha superato la mia grande fantasia. No, io ho fatto due più due uguale a quattro. E quando facciamo così, di solito ci prendiamo sempre.
Savio: Nell’immaginario collettivo è ricordato come il conduttore di “Blu Notte”, trasmissione televisiva della Rai che, tra l’altro, ha cambiato più volte il nome.
Lucarelli: Sì! Abbiamo cambiato nome per motivi contrattuali, ma alla fine è sempre la stessa cosa. Sono io che esco con le mani… così, e racconto un caso misterioso un po’ alla mia maniera. Però sì, è stata un’esperienza molto bella, per me molto importante e interessante e devo dire anche divertente nonostante, ovviamente, le brutte cose che raccontavamo.
Savio: Dal bandito Giuliano alla strage di Portella della Ginestra, P2, Gladio, Cosa Nostra. In Tv con i suoi racconti ha attraversato praticamente tutti i misteri relativi alla storia politica del Novecento, dal Dopoguerra ad andare avanti. Un percorso lungo e tragico.
Lucarelli: Sì, sempre tragico. Perché la nostra storia ha una metà oscura molto, come dire, molto intensa, molto grande. Tutti i Paesi sono così, per carità, non solo l’Italia. L’Italia ha alcuni aspetti particolari: la presenza della criminalità organizzata, il fatto di essere sulla frontiera della Guerra Fredda, i servizi segreti che derivano ancora da quelli del periodo fascista che avevano altre abitudini, eccetera. Però è vero. Non è tanto un filo quello che dobbiamo seguire quanto un mosaico. Noi lo abbiamo trattato così. Un mosaico fatto di tanti tasselli, uno accanto all’altro dentro al quale puoi muoverti. Strage di Bologna, strage di Brescia, Portella della Ginestra, la Banda della Magliana, la Uno Bianca, eccetera, eccetera. Ovvio, storie tragicissime che hanno comportato un sacco di morti e tutti i difetti del nostro Paese di oggi. Che se non avessimo avuto quella metà oscura, saremmo un Paese straordinariamente meraviglioso. Per me siamo meravigliosi ma saremmo straordinariamente meravigliosi.
Savio: Quando ci sono degli avvenimenti tragici per cui non si trova la verità o non la si vuole cercare e trovare, si parla di servizi segreti deviati. Quanto sono deviati, secondo lei, questi servizi?
Lucarelli: Beh, questo è un aggettivo che abbiamo messo per salvare tutte quelle persone dei servizi segreti che hanno fatto il loro dovere, e sono stati straordinari: uno è Calipari, per dire. Grandi eroi, certo. E anche prima negli Anni Settanta, Sessanta, anche negli anni più controversi. Però è vero che i servizi segreti più che deviati dovremmo dire che sono i servizi segreti sleali. E poi non importa se erano in tanti. Perché è vero che durante gli Anni Sessanta, Cinquanta, ma poi Settanta, i servizi segreti rispondevano a delle altre logiche che non erano quelle della Costituzione italiana. Avevamo uffici interi nel vecchio SID che si occupavano di stragi, bombe, robe di questo genere qua. Con una naturalezza istituzionale quasi. E allora a quel punto dire deviati va bene, ma diciamo sleali. Servizi segreti sleali.
Savio: Secondo lei che ha attraversato in maniera straordinaria con le sue inchieste la storia della cosiddetta Prima Repubblica, in che percentuale la P2 e la mafia hanno influenzato la politica nel corso di quegli anni?
Lucarelli: Beh, molto. Intanto per la P2 dobbiamo distinguere perché quando io ho fatto una puntata sulla P2, non potevo dire P2, diciamo alcuni membri appartenenti alla Loggia P2, e va bene. Quindi non diamo colpa a tutta la Loggia, ci mancherebbe. Però alcuni membri della Loggia P2 tra cui Gelli naturalmente, che ne era il capo, hanno influenzato moltissimo la politica italiana con quel gioco da sottobosco. È come se, dopo la guerra, fosse venuto fuori un paese con una propria Costituzione che a loro non piaceva; e non potendolo cambiare in maniera legale, magari con le elezioni, hanno cercato di modificarlo in un altro modo. E la stessa cosa succede con la mafia. Noi abbiamo avuto, abbiamo, un’organizzazione criminale clandestina, molto forte la quale non c’è ragione che non si immetta anche nell’economia e nella politica. E lo ha fatto fin dai primissimi anni Cinquanta, per esempio. Poi ce ne siamo resi conto molto più avanti. Sì, siamo un Paese che ha alcune radici, come dire malate, le radici del male che sono sicuramente anche alcuni appartenenti alla Loggia P2, e la criminalità organizzata. Ma non solo quello, naturalmente.
Savio: Lei ha trattato argomenti spinosi proprio come quelli relativi alla mafia. Ha avuto mai particolari problemi?
Lucarelli: Noi di problemi grossi non ne abbiamo avuti. Personalmente non ho mai avuto grossi problemi. Tutte le volte che mi ritrovavo con colleghi, magari in manifestazioni antimafia, mi chiedevano sempre: la tua scorta dov’è? No, io non ce l’ho. Ma perché io non faccio inchiesta. Noi non facevamo inchiesta. Loro sì, scoprivano delle cose da veri giornalisti. Il mio era un programma di storia. Io mi occupavo di cose che già avremmo dovuto sapere. L’unico scandalo era che non le sapevamo. Perché non le abbiamo studiate, non ce le hanno dette. Quindi non ero pericoloso. A me bastava non mandarmi in onda ed era finita lì. Qualche piccolo problema lo abbiamo avuto, ma pochissimi. Non siamo andati in onda per due volte, per esempio. Il che è curioso perché tutte e due le volte era un programma sulla mafia e non siamo andati in onda perché c’erano le elezioni. Quindi per par condicio non puoi parlare di mafia e questa è una cosa che un po’, insomma, è un po’ curiosa.
Savio: Verrebbe quasi da dire cosa c’entra la mafia con la politica?
Lucarelli: Esatto, e allora perché non ne posso parlare? Non ne puoi parlare. E allora va bene, siamo andati in onda la settimana dopo.
Savio: Si sente un po’ fortunato? È vero che portavate a conoscenza del grande pubblico ciò che già si sapeva. Anche Giancarlo Siani a Napoli, ad esempio, tirava fuori le sentenze e i processi che erano già storia, eppure fu trucidato.
Lucarelli: Assolutamente. Quelli erano altri tempi purtroppo. Dopo, quando l’ho fatto io erano un po’ diversi. È vero che Siani portava fuori delle sentenze ma scoprendo delle cose che accadevano in quel momento. E scoprendo, come dire, dei nervi scoperti, cioè i fatti locali. Vediamo i fatti come se fossero odierni: Siani è un giornalista locale che sta mettendo fuori delle cose che stanno di fianco a lui. E per questo è pericoloso ed è eccezionale, naturalmente. Sta facendo un lavoro meraviglioso, ma pericoloso. Tutto qui.
Savio: Un grande lavoro.
Lucarelli: Infatti! E Siani fece meglio di quello che ho fatto io, naturalmente. Noi facevamo un’altra cosa e questa cosa qui mi ha sempre reso abbastanza orgoglioso. Accade tutte le volte che incontro ragazzini, o giovani, che mi dicono che non erano neanche nati ai tempi in cui io raccontavo le storie per la prima volta. O quando mi dicono che scaricandomi in giro dalla Rete hanno cominciato a capire un po’ della nostra storia e a studiarla. Ecco, quello è stato il nostro compito.
Savio: Il mostro di Firenze. Pacciani, i compagni di merenda, che idea si è fatto? Possibile che siano stati capaci anche, chirurgicamente parlando, di intaccare dei corpi in quel modo?
Lucarelli: Allora, qui è tutto molto complesso. Ma credo nella tesi della Procura. Ovvero che siano stati compagni di merende. Pacciani, i compagni di merende e, magari, qualcun altro. E credo che abbiano agito per colpa di qualcun altro che è una setta esoterica, qualcuno che sta al di sopra. Altrimenti quattro personaggi come quelli, violenti, cattivi, briganti com’erano quando erano giovani, non sarebbero arrivati fino a quel punto. La cosa dei tagli chirurgici è ancora controversa. Perché è venuta fuori soprattutto da un mio amico che purtroppo non c’è più e si chiama Mario Spezi, un giornalista di Firenze. Mario Spezi, cronista, fece un articolo che parlava di mutilazioni, di amputazioni. Usò la parola mutilazione. Da lì fecero il titolo “Il chirurgo della morte” e da quel momento si pensa che quelle siano amputazioni precise. In realtà no, sono tagli. Quindi non lo so.
Savio: Uno dei misteri italiani ancora irrisolto è la scomparsa di Emanuela Orlandi. Che idea si è fatto?
Lucarelli: Non è una storia che conosco tantissimo. A suo tempo avrei voluto farla però avevamo bisogno di carte che stavano in un altro Stato, che poi è il Vaticano. Quindi con i nostri mezzi non saremmo riusciti a richiederle e a leggerle. Altri giornalisti dopo lo hanno fatto, ovviamente, più bravi di me o più forti. E sono uscite tante cose. Poi il fratello di Emanuela si è dato da fare. Ora potrei fare una trasmissione su Emanuela Orlandi, ma non ho più la trasmissione da fare. La mia idea? Non lo so. Devo dire che non lo so. Perché è difficile soppesare i vari indizi che arrivano, e poter credere a l’uno o a l’altro sulla base di altre conferme. Siamo ancora in un momento confuso: hanno fatto bene il loro mestiere quelli che hanno voluto confondere questa storia.
Savio: Secondo lei c’è qualche connessione con la scomparsa di Mirella Gregori?
Lucarelli: Probabilmente si. È difficile che scompaiano due persone dello stesso ambiente in quel modo lì. Quindi sicuramente, oddio sicuramente non si può mai dire in questi casi, però se fossi uno scrittore di romanzi gialli direi beh, questa è una buona pista. E se non fosse la pista giusta, dovrei spiegarlo al mio lettore.
Savio: Non sono ancora maturi i tempi per fare venire fuori la verità? Forse deve passare qualche altro annetto?
Lucarelli: E questo è il problema. Noi abbiamo casi avvenuti ancora tantissimi anni fa e ci chiediamo ma perché non salta fuori qualcuno a dirmi la verità su una roba avvenuta nel 1950. Anzi, prima ancora nel 1945, la strage di Portella della Ginestra. Basta, siete morti tutti. E invece no. La strage di Bologna, è passato tantissimo tempo. No. Perché magari i protagonisti sono morti, va bene, anche quelli che potevano sapere tante cose, nel bene e nel male. Non so. Il presidente Cossiga che sicuramente conosceva molto. Non hanno detto niente. Perché, viene da chiedersi? Perché non è che è morto un protagonista, è che le radici di quella cosa continuano. Gli eredi, la filosofia, i compagni di banco di quelli che c’erano prima sono ancora quelli che ci sono adesso. È un po’ il problema del nostro Paese. I poliziotti sono stati in molti casi gli stessi del regime fascista e poi sono passati direttamente nella Repubblica italiana. Alcune erano oneste persone che sapevano fare il loro mestiere, altri erano persone sporche che avevano un’altra idea di come si fa questo mestiere. Senza tagliare queste radici, tutto continua a tenersi. Il nostro passato rischia di diventare il futuro.
Savio: Non viene fuori la verità perché potrebbe far perdere di credibilità allo Stato stesso?
Lucarelli: Ah, questo sicuramente. Perché se noi partiamo dall’idea che i servizi deviati erano deviati; cioè qualche pazzo, ladro, sleale si è messo a trafficare, è un conto. Ma se questi servizi poi, si sono integrati, e alcune di queste persone sono dentro un pezzo dello Stato, non in tutto per carità ma dentro un pezzo dello Stato, certo che tutto questo fa perdere di credibilità. Dovremmo azzerare, tirare giù la saracinesca e ricominciare daccapo.
Savio: “Almeno Tu” è il suo ultimo thriller. Perché bisogna leggerlo?
Lucarelli: Perché questo libro è molto intenso. Per quanto mi riguarda è il libro più intenso che abbia mai scritto. Ho scritto un libro che volevo mi desse fastidio, che mi facesse male, insomma. Molto sincero e mettendomici dentro anch’io. E questo è uno dei motivi per cui si potrebbe leggere. L’altro motivo, è che spero comunque sia un thriller pieno di colpi di scena. Per cui se qualcuno ha voglia di leggere una cosa intensa, di starci anche male, di soffrire e di rimanere spero col fiato sospeso fino all’ultima pagina, deve leggere “Almeno tu”. Se poi uno non ha voglia di fare questo, ho scritto tanti altri libri più divertenti e se ne può leggere un altro.
Savio: Non è la prima volta che viene a Ischia.
Lucarelli: Ero venuto tantissimi anni fa con mia madre alle terme, a fare proprio il turista e mi sono trovato benissimo. Qui ho tutti i ricordi legati a mia madre. Non vedevo l’ora di trovare l’occasione e quando mi hanno invitato per il Festival mi sono detto: vado di corsa, subito. Ho portato mia moglie: per lei è la prima volta e sono sicuro che s’innamorerà di quest’isola come me.