New York, oggi il 21esimo anniversario dell'attacco alle Torri gemelle: gli  Usa ricordano l'attentato che cambiò il corso della storia - Il video - Open

di Antonio Castaldo-IESUS Istituto Europeo di Scienze Umane e Sociali-Brusciano NA IT EU

L’11 settembre 2001 negli Stati Uniti d’America era un ordinario martedì di vita e lavoro che venne squarciato dagli attentati terroristici internazionali con la morte di 2977 persone, tra cui 479 vigili del fuoco, poliziotti e soccorritori e 6000 i feriti. Quel giorno 19 terroristi di Al Qaeda giunsero a tale scempio contro l’umanità iniziando dal dirottamento di quattro aerei di linea USA lanciati verso distinti obbiettivi: il volo American Airlines 11 sulla Torre Nord ed il volo United Airlines 175 sulla Torre Sud del World Trade di New York; il volo American Airlines 77 sul Pentagono sede del Dipartimento della Difesa in Virginia;

il volo United Airlines 93 fatto dirigere verso Washington e che con il sacrificio dei rivoltosi eroici passeggeri cadde nella zona di Shankville in Pensilvania.

La maggior parte delle vittime furono quelle di New York nelle crollate Torri Gemelle del World Trade Center la cùui proprietaria Autorità Portuale di New York e New Jersey, con i lavori diretti da Minoru Yamasaki, Emery Roth & Sons, architetti e Leslie Robertson, ingegnere, fece costruire, dal 1966 al 1973, i 110 piani della Torre Sud e della Torre Nord la quale con l’antenna sul tetto raggiungeva il primato di 527,3 metri, e per una complessiva area calpestabile 800.000 mq al costo di 336 milioni di dollari.

Oggi al loro posto a New York si trova il ricostruito “One World Trade Center”, avente la “Freedom Tower”, Torre della Libertà, innalzata per esattamente 1776 piedi, in omaggio all’anno della Dichiarazione di Indipendenza degli USA, corrispondenti a 541metri e 32 centimetri al pennone, comprendente 104 piani nel 6° grattacielo più alto del mondo costruito dal 27 aprile 2006 al 30 giugno 2013. Nei suoi pressi si trova il “National September 11 Memorial & Museum” che raccoglie immagini, cimeli e reperti storici sugli attentati dell’11 Settembre 2001. Nel mese di luglio del 2003 il luogo della ricostruzione veniva ripreso e commentato dal sociologo e giornalista Antonio Castaldo, come postato sul web all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=tLtghDf7bVU.

Lo stesso ricercatore sociale ha raccolta l’esperienza di due Bruscianesi, testimoni privilegiati: Raffaele D’Amore della manodopera nella costruzione delle Twins Tower negli anni ’70 dello scorso secolo; Luigi Terracciano fra i volontari sulle macerie all’indomani del tragico 11 Settembre 2001.

Nelle attività di costruzione delle Twins Tower, fra le migliaia di maestranze e insieme ai tanti italoamericani ci fu anche il Bruscianese, Raffaele D’Amore, ora defunto, ottantaseienne nel 2021, intervistato da Castaldo per il Ventesimo Anniversario del tragico evento, sposato con Antonia Guarino, i cui figli, Silvia, casalinga; Anthony, Direttore nel settore alberghiero e ricettivo; Tina, wedding planner; Thomas, appartenente all’Arma dei Carabinieri, tutti nati a New York, che vivono e lavorano in Italia, genitori con figli a loro volta.

Pochi giorni dopo l’11 Settembre 2001, fra i volontari di Ground Zero era presente anche l’italiano, bruscianese, Luigi Terracciano, nato a Brusciano il 6 febbraio 1960, la cui testimonianza è stata raccolta anch’essa dal sociologo e giornalista Antonio Castaldo per IESUS Istituto Europeo di Scienze Umane e Sociali. Entrambi si sono ritrovarono a Brusciano, nel pomeriggio dell’11 Settembre 2021, per commemorare a modo loro, il “Ventennale dell’11 Settembre”, con ramoscelli di ulivo e le bandierine dell’Italia e degli Stati Uniti d’America, seduti presso la statua di Ermes il “Messaggero degli Dei” in Piazza XI Settembre con un pensiero rivolto alle vittime e agli eroi di quei tragici avvenimenti.

Qui di seguito si riporta il racconto biografico di Luigi Terracciano. «Negli anni ’90 lasciai Brusciano per recarmi in Messico dove trascorsi oltre 6 anni. Ero da circa 2 anni a San Francisco, in California, dove continuavo a lavorare presso vari locali con la mia attività di piano bar, con permessi provvisori da rinnovare periodicamente. Costernati apprendemmo della notizia degli attentati terroristici dell’11 settembre. Dolore e lutto attraversarono da costa a costa gli Stati Uniti con questo inedito sentimento: “America under attack”. Dopo alcuni giorni avrei dovuto rinnovare il mio permesso di soggiorno, Su indicazioni di miei conoscenti mi recai ad un ufficio di patronato dove formalizzai la mia domanda per prestare opera di volontario presso il Ground Zero delle Torri Gemelle a New York. Insieme ad altri volontari ci portarono in pullman a Las Vegas e poi in aereo a New York dove ci sistemarono in alloggi collettivi presso i palazzi illesi dell’area di Lower Manhattan. Era, se ben ricordo, il 20 settembre 2001. Ci assicuravano vitto, alloggio, una diaria di 24,70 dollari, per 5 ore e 40 minuti di effettivo servizio quotidiano. Sveglia alla mattina alle 5.00, vestizione con abiti speciali, maschera con filtro respiratorio, guanti e casco. Sul sito vi erano gli ingressi controllati ad accesso autorizzato ed ognuno di noi teneva una tessera di riconoscimento. Vi erano i poliziotti del NYPD ed i pompieri del FDNY, altri appartenenti a forze dell’ordine, esercito, marina, protezione civile. Ricordo la montagna di macerie, la persistenza del fumo, la luce offuscata e le figure degli operatori ancora alla ricerca di qualche eventuale fortunato sopravvissuto. Tutti gli altri, compresi noi ultimi arrivati avremmo fatto parte della catena umana di trasmissione dei secchi contenenti quanto veniva rinvenuto tra le macerie. Si facevano file di una sessantina di persone. Gli esperti erano già all’opera, per controllare il rischio chimico, altri scendevano nei profondi anfratti per trovare qualche sopravvissuto. L’elicottero dall’alto cospargeva il luogo di potente disinfettante e liquido antincendio. Ricordo di aver visto i resti umani di una donna bianca, poi quelli di un uomo di colore e persino quelli di un bambino. Si sentiva il caldo che emanava il luogo, l’aria era densa e pesante e quell’odore, che mai dimenticherò, te lo portavi addosso costantemente. Ricordo che vi erano tantissimi volontari, bianchi, neri, asiatici, anche italiani, ma i più capaci, su quelle rischiose macerie, erano i nativi Indiani d’America. A fine turno si attraversava prima una macchina scanner e poi si entrava negli spogliatoi dove tutti gli indumenti e le scarpe venivano trattenuti, dopo aver fatto la doccia ci consegnavano nuovi indumenti intimi e tute per tornare a casa. Nel tempo libero avevamo dei ticket per andare al cinema, a qualche centro di ristorazione, o altro luogo ricreativo».

Alla domanda di Antonio Castaldo in merito ai “due aerei schiantatisi sulle Totti Nord e Sud del WTC” Luigi Terracciano ha risposto: «Riconobbi un berretto di quelli che usano gli equipaggi nei voli civili, i resti di un motore, ruote, oblò, poltrone e valigie». A. C.: “Come era la vita fuori ed intorno a Ground Zero?” L. T.: «All’uscita, superata l’ultima barriera di transenne si incontrava il dolente muro umano dei parenti delle vittime, qualcuno chiedeva di eventuali ritrovamenti, tanti esponevano le foto dei propri cari nella speranza di poter avere informazioni e riscontrare riconoscimenti». A. C.: “E’ mai venuto qualche rappresentante delle istituzioni?” L. T.: «Una sera ho visto da lontano il Sindaco di New York, Rudolf Giuliani, che salutava la gente e rivolgeva loro parole di incoraggiamento confidando sulla resistenza dell’America a quei gravi attentati e sulla sua sicura risposta». Entro il 24 settembre 2001, nella stima del New York Times, era avvenuta la rimozione di più di 100.000 tonnellate di detriti da Ground Zero. La sera di quello stesso giorno Luigi Terracciano gettava la spugna. «A fine turno andai a presentare le sue dimissioni. Non riuscivo a resistere a quelle stressanti condizioni di vita lavorativa. Intanto mi giungevano dall’Italia, da Brusciano, notizie su mio padre che peggiorava nella sua salute e per questo sarebbe poi morto dopo qualche mese. Tornai a San Francisco e dopo pochi giorni ritornai a casa in Italia. Si chiudeva un ciclo importante della mia vita».

Nella personale memoria il sociologo e giornalista Antonio Castaldo conserva tre principali momenti della sua esistenza legati indirettamente ai tragici eventi dell’11 Settembre: «Martedì 11 settembre 2001, tornato a casa mia dal lavoro, Ufficio Stampa del Comune di Brusciano, e messomi a tavola per il pranzo, con la tv accesa per il telegiornale, mi ritrovavo le sconvolgenti immagini in diretta dagli USA che mostravano una torre già colpita da un aereo ed il sopraggiungere di un secondo aereo impattante contro l’altra torre del WTC. Giovedì 10 luglio 2003, il mio viaggio a New York e prima di incontrare la Comunità di East Harlem con la “Giglio Dance” nella “Our Lady of Mount Carmel Feast” la commossa visita presso “Ground Zero” allora cantiere per la ricostruzione. Sabato 24 luglio 2004 a Brusciano, la mia partecipazione e cura della “Cerimonia di inaugurazione di Piazza XI Settembre”, grazie alla preziosa assistenza del caro amico, speaker italoamericano, Anthony D’Amore, figlio del citato Zio Raffaele, io addetto stampa e lui collaboratore dell’allora Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco, Dott. Angelo Antonio Romano. Tutti noi, Cittadinanza di Brusciano, Rappresentati istituzionali, nazionali, regionali e locali, Chiesa, Scuola e Associazionismo culturale condividemmo tale cerimonia con il Console per gli Affari Politici, Economici e Commerciali del Consolato Generale USA a Napoli, Dott. Paul Martin».