enzo buonaNAPOLI, TOMBOLE VAJASSE, FEMMINIELLI STAR, LOCALI PIENI DI TURISTI

La tombola napoletana rappresenta da secoli non solo un gioco tradizionale ma il popolo napoletano stesso, emblema del nucleo familiare e, per estensione, dell’anima stessa. Chi visita Napoli nel periodo delle feste vedrà che molti locali sono presi d’assalto dai turisti che vogliono assistere alla Tombola Vajassa, oggi fenomeno entrato nella tradizione e cultura partenopea e consigliato nelle guide turistiche. che come vuole la tradizione, viene condotta da un femminiello, che in dialetto napoletano estraendo i numeri con la caratteristica espressione: "Jammo, numeri e ffore" scherza sui doppi sensi e sulla sessualità, senza limiti alla fantasia ed esprimendosi in un dialetto napoletano che risulta comprensibile a tutti, perfino dagli stranieri che affollano i locali. Una media di due ore di spettacolo preceduti spesso da un ottima pasta, da un buon vino rosso locale ed un dolce tipico.

Una tradizione che a Napoli ha più di 200 anni quando nel 1734 Carlo III di Borbone, volendo ufficializzare il gioco del lotto affinché gli introiti delle scommesse finissero nel bilancio dello Stato, ebbe una forte diatriba con il clero e soprattutto il frate domenicano Gregorio Maria Rocco, il quale riteneva invece il gioco amorale e ingannevole per i suoi fedeli.

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Dalla disputa fu il re a uscirne vincitore ma con il compromesso che il gioco fosse sospeso nel periodo di Natale, affinché i fedeli non si distraessero dalle preghiere.

Il popolo napoletano, tuttavia, non volendo rinunciare al gioco, decise di organizzarsi per conto proprio: raccolse i novanta numeri in un piccolo cestello di vimini (panariello) di forma simile a un tombolo, antico strumento di ricamo utilizzato dalle donne e dal quale si originerebbe il nome “tombola”. Per eludere i controlli della polizia del re, fu chiamato a tirare i numeri “un femminiello”, in modo tale che qualora fossero venute le guardie a controllare se si stesse violando la legge, potevano dire che stavano facendo teatro. Da questo sotterfugio, nacque la “Tombola Vajassa de’ Femminielli”.

Il termine vajassa, era una derivazione siciliana di “bayascia”, sinonimo di prostituta, donna di strada, “signora” dagli atteggiamenti volgari, e fastidiosi. Perciò la tombolata era chiamata vajassa, perchè fatta di battute scurrili e allusioni sessuali con storie napoletane che si formavano casualmente con l’estrazione dei numeri e una buona dose di fantasia. Ma la tombola vajassa era anche ritenuta rito beneaugurante, perché nella cultura popolare l’omosessuale rappresentava qualcosa di magico. Come racconta Peppe Barra, era diffusa solo tra le donne, nei vicoli di Napoli, come un rito segreto assolutamente precluso agli uomini. Le donne nel dopoguerra, ne presero la “gestione” portando a casa anche un discreto guadagno, in grado di mantenere la famiglia. A quel punto, da una donna vestita con abiti sgargianti e “vajassa” al femminiello, il passaggio è breve. Incontro giocoso di colore, folklore, e linguaggi osè. A Napoli ed in generale nel meridione, il terzo sesso ha sempre trovato albergo, è sempre stato non solo tollerato ma rispettato nel suo ruolo e mostrato senza pudore dando sempre per scontato che esso è nella natura umana ed è connaturato alla sua storia. Per i Greci, l’ermafrodito era il culmine della meraviglia perché figlio della bellezza, rappresentata dalla dea Afrodite e del dio Ermes, messaggero degli dei e grande amante. Dunque, anche l’omosessuale ha in sé un che di magico che si trasmette nella cultura dei secoli successivi.

*docente di marketing turistico e local development