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Draghi e il mistero delle armi chieste da Zelensky - Bianca Leonardi

«A pochi giorni dalla fatidica data del 21 giugno, quando la cosiddetta maggioranza di unità nazionale, volente o nolente, sarà chiamata ad approvare, obtorto collo, una risoluzione unitaria sulla politica estera del governo, sulla base delle dichiarazioni del premier, appare chiaro che, alla fine, i due partiti basculanti faranno la fine dei romani, sconfitti nella seconda guerra sannitica.

Saranno costretti a passare sotto le forche caudine di Mario Draghi: vittime umiliate dalle loro continue contraddizioni. Le dichiarazioni, rese nel corso della missione europea a Kiev, fanno escludere, in maniera assoluta, a rigor di logica, qualsiasi cedimento di Draghi a compromessi, pasticciati e opachi, sulle linee di politica estera e sul sostegno, non solo politico, all’Ucraina. Paradossalmente, l’umiliazione referendaria, subita da Salvini, e l’esplosione, alla luce del sole, di lotte interne di potere, nel M5s, si tradurranno in un rafforzamento della posizione del premier, almeno in questo delicato passaggio parlamentare. Anche se Unimpresa continua a temere, con estrema preoccupazione,  la guerriglia parlamentare, che ne seguirà, sulle riforme, in presenza di un scenario da incubo, non solo per le piccole e medie imprese, tra inflazione, spread, tassi bancari in aumento, mutui e costi sempre più incontenibili delle materie prime, a partire dall’energia. Di contro, l’ipotesi di una crisi di governo sulla politica estera, con elezioni anticipate in autunno, sarebbe il preludio, per i responsabili della stessa, di una loro clamorosa sconfitta elettorale, sotto i gioghi, questa volta, del corpo elettorale e del popolo sovrano». Lo dichiara il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro.

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