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Educazione Finanziaria: via alla prima edizione delle Olimpiadi di Economia  e Finanza - Tuttoscuola

di ROSSELLA RETTURA

Si respira, ovunque un clima di terrore, d’incertezza e di paura. L’effetto domino rischia di far saltare l’intera economia del Paese. Il Coronavirus ha già determinato uno scenario drammatico sul terreno economico e sociale, ma la politica da “provinciale”, adottata dal Governo Conte, con le sue “bombe di carta”, è stata di una piccineria repellente.

A mio parere, il disastro economico-finanziario trova le sue fondamenta soprattutto in una politica completamente errata. E’ inutile indignarsi… i nostri politici sono di un’impreparazione stellare. Le cause sono complesse. Appare assodato quanto il sistema adottato dal nostro Paese dispensi i nostri politici dal dotarsi di una preparazione culturale adeguata….. quindi siamo di fronte ad un problema evidente: il deficit di politica e di democrazia. Sicuramente, con il Governo Conte e i suoi “decretucci” abbiamo raschiato il fondo del barile. Hanno spacciato agli Italiani la concessione automatica di un contributo, naturalmente del tutto falsa per le varie motivazioni ampiamente argomentate in un altro mio articolo del 11 Aprile 2020. La maggior parte degli imprenditori italiani ha creduto, nei primi giorni, che davvero sarebbero loro arrivati quei famosi miliardi. Le risorse messe in campo non sono però dello Stato, bensì delle banche: quindi, non si tratta di denaro pubblico, ma di soldi privati. Non c’è nessun aiuto dallo Stato, eppure in questo caso asseriscono che ci sia: si chiama contributo in conto garanzia, ultima forma di finanza agevolata. Cos’è un contributo in conto garanzia? E’un contributo in credito di firma, non in credito di cassa. In pratica lo Stato ha reso disponibile solo un “CREDITO DI FIRMA” cioè ha messo delle risorse finanziarie che servono come moltiplicatore per garantire le banche. Le banche, dal loro canto, hanno gli stessi obblighi che avevano prima del decreto, perché ci sono norme superiori, quali: la vigilanza della Banca d’Italia, la vigilanza delle autorità europee e soprattutto il testo unico in materia bancaria creditizia e le regole internazionali di Basilea. Il decreto liquidità, per come esso è stato emanato, avvantaggia essenzialmente le Banche e lo Stato. Le Banche, come più volte ricordato, hanno una serie di parametri da rispettare, che il decreto (guarda caso) non consente loro di derogare: merito creditizio, Basilea 3, rating, rapporto rata/reddito. Dobbiamo tener presente che siamo sprofondati in uno stato ufficiale di pandemia, con un lockdown delle attività che dura da più di un anno, ed è perciò chiaro che la capacità di adempiere a questi parametri venga meno da parte dell’imprenditore, insieme alla possibilità di ottenere effettivamente i relativi fondi. Quest’ultimi restano, quindi, per lo più una mera enunciazione mediatica priva di riscontri fattuali. In verità, per le banche questo decreto potrebbe essere chiamato “Decreto di rinegoziazione” perché avviene, di fatto, una rinegoziazione del credito a loro vantaggio, passando esse dalla garanzia personale dell’imprenditore ormai in seria difficoltà (viste le circostanze) alla ben più corposa garanzia statale. Le banche in posizione finanziaria vacillante (ossia praticamente tutte) approfittano dunque di questo decreto per mettere in sicurezza i propri bilanci. E questo è l’unico effetto significativo del provvedimento in esame, certamente ben lontano dall’aiuto alle forze produttive del Paese per cui è stato invece gabellato. Inoltre lo Stato, apponendo la sua firma a garanzia, è ipso iure un creditore Privilegiato, e le conseguenza di tale circostanza sono così importanti da esser meritevoli di una spiegazione più accurata: quei pochi imprenditori che hanno avuto la fortuna di accedere alle erogazioni bancarie in forza di questo decreto si trovano in mano una lama a doppio taglio. Ai soggetti cui è stato erogato il finanziamento di € 25.000,00 – perché di un finanziamento bancario si tratta, con la differenza che la relativa garanzia viene emesse dallo Stato e non da una società privata, a tasso zero e con un preammortamento di due anni – non può aderire, in caso di necessità e avendo tutti i criteri, ad un altro finanziamento. Infatti, essendoci un garante Privilegiato (lo Stato) nel finanziamento ottenuto con il decreto di liquidità, se il relativo denaro non viene utilizzato per pagare le tasse (secondo i fini prefissati del decreto stesso), la banca non solo potrebbe richiedere il rientro immediato dell’intero importo, ma l’imprenditore rischia di commettere il reato di bancarotta fraudolenta. Sì, proprio cosi! Se l’imprenditore utilizza quel credito, ad esempio, per saldare o pagare le rate di un mutuo chirografario contratto in precedenza, oppure per pagare i suoi fornitori e far ripartire l’attività economica aziendale, commette allora il reato di Bancarotta Fraudolenta. E (sempre guarda caso) nessuna manleva è prevista in tal senso dalla relativa decretazione, come invece sarebbe stato ovvio e necessario in caso di effettiva buona fede della stessa rispetto agli asseriti scopi di riattivare il ciclo produttivo. Le menti – poco brillanti ma forse non del tutto ingenue – del Governo Conte avrebbero dovuto emanare per prima cosa un decreto che modificasse le norme sulle procedure concorsuali (come il fallimento, il concordato preventivo e il concordato fallimentare) e solo successivamente un decreto liquidità dotato di ben altri crismi. Purtroppo, nell’attuale situazione, la competenza e la buona fede dei cosiddetti policy maker, che dovrebbe costituire la normalità, risulta invece un’eccezione malcilenta, introvabile e quasi eroica. Dovrebbero essere gli imprenditori, e i cittadini tutti, a reclamarle con vigore invece di attendere l’avvento salvifico di un qualche improbabile Uomo della Provvidenza. Come diceva Bertolt Brecht, ormai quasi 80 anni fa: “Sventurato è il Paese che ha bisogno di eroi”.

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