di CLEMENTINA LEONE
C’è chi sogna dormendo e chi lo fa ad occhi aperti. Gabriel García Márquez, riusciva a fare entrambe le cose contemporaneamente. Il17 aprile 2014 lui, uno degli scrittori più amati del Novecento, premio Nobel per la Letteratura e padre del realismo magico, abbandonó la vita terrena lasciando a noi tutti in eredità i suoi capolavori letterari.
Difatti, a distanza di anni, le sue storie continuano a incantarci con amori eterni, colonelli solitari, e città inventate dove piove fiori. Ma c’è un filo sottile che attraversa tutta la sua opera:il sogno. Non solo come elemento narrativo, ma soprattutto come lente per guardare il mondo.Gabriel García Márquez, per gli amici Gabo, nacque in Colombia nel1927. Crebbe nella casa dei nonni, ascoltando racconti di fantasmi, guerre civili e amori impossibili: tutto materiale che gli servirà per scrivere capolavori come: , Cent’anni di solitudine, L’amore ai tempi del colera ecc... Una piccola curiosità, lo stesso prima di diventare scrittore, fu un giornalista, mestiere che non abbandonó mai del tutto. Per García Márquez, I sogni non erano “cose da Freud” o da dimenticare al mattino, ma materiale prezioso per raccontare l’invisibile. Nei suoi romanzi, il sogno si mescola alla realtà come il caffè al latte. Ma Gabo non si limitava a scrivere sogni: li viveva. Una delle sue abitudini più curiose era quella di trascriverli appena sveglio, come faceva Leonardo Da Vinci. “Ogni sogno è una storia già pronta, basta solo trovare il modo di raccontarla” . Alcuni dei suoi racconti nascono così, da un sogno notturno trasformato in letteratura diurna.Un suo amico racconta che una volta Gabo gli telefonò alle 3 del mattino solo per raccontargli un sogno in cui mangiava farfalle fritte con Pablo Neruda. “Era talmente convinto che avesse un senso che io iniziai a crederci davvero”, disse l’amico. Questo era Márquez: rendeva il sogno contagioso. Un narratore alchimista delle parole, un costruttore di mondi dove i sogni non solo si realizzavano ma diventavano anche da sceneggiatura. Il 17 aprile è il giorno in cui se n’è andato. Ma chi ha scritto di sogni, amori eterni e ghiacci venduti sotto il sole tropicale non muore davvero. Resta lì, in quella zona magica dove la realtà inciampa, sorride e si trasforma in letteratura. E magari, ogni tanto, ci sogna anche lui.