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C'era una volta... É proprio il caso di dirlo. C'era una volta la filanda. Coloro che hanno meno di mezzo secolo non ne hanno mai vista una; di coloro che sono nati prima, i più ne hanno solo sentito parlare e soltanto una minoranza di sopravvissuti l'ha conosciuta veramente. Meno ancora restano coloro che le sono cresciuti accanto e magari vi hanno lavorato e sofferto.

A questo ormai esiguo numero di persone, soprattutto donne, appartengono gli autori di «Vita col baco da seta. Dal seme alla matassa», Maria Girelli e Glauco Pretto, che hanno vissuto sulla loro pelle le vicende delle filande padane dagli inizi a oltre la metà del '900. E alcune testimonianze in dialetto restituiscono proprio il sapore del tempo.

Se le cose stanno così, verrà fatto a qualcuno di chiedersi il perché di questo libro. A giustificarlo basterebbe il fatto che rivivere il proprio passato è per tutti un legittimo bisogno e perfino una necessità. Questo però non renderebbe ragione della sua pubblicazione. Si potrebbe allora aggiungere che uno scrittore di quelli che oggi in Italia vanno per la maggiore, ha pubblicato, qualche anno fa, un libretto fortunato che porta più o meno lo stesso titolo di questo: «Seta», ma egli dimostra di non avere la più pallida idea di cosa sia il baco da cui viene la seta e soprattutto cosa sia il prezioso lavoro che esso svolge nel suo bozzolo prima di morirvi.

E tuttavia c'è ben altro! Sì, perché quello del baco da seta e della filanda era «un mondo». Un mondo, una cultura, una civiltà oggi scomparsi, ma che gli autori ripropongono qui con un linguaggio sensibile e puntuale, commosso e critico, oggettivo ed evocativo che, proprio per questa commistione di valori e di toni, raggiunge spesso il respiro largo dell'epopea.

Le pagine che ricostruiscono la vicenda del baco da seta e del suo allevamento, dalla schiusa delle uova alla consegna dei bozzoli, sono l'epopea di una gente che, soprattutto nella sua componente femminile, da un lato lottava con la miseria e la fame per sopravvivere, ma dall'altra cantava, letteralmente «cantava» nella fede di una vita che abbiamo scordato da tempo. E nella seconda parte, quella dedicata alla filanda, dove l'impatto tra realtà e poesia si fa più personale, emerge una volontà di riscatto morale che trova nella pagina su l'«Andito» il suo monumento.

Niente di meno! Perché quella figura di donna armata di zoccolo ma resa invincibile dalla sua forza interiore grida a tutti quelli che sono ancora capaci di ascoltare la grandezza assoluta dell'uomo (in questo caso della donna) quando è capace di recuperare e di esprimere la sua integrità non sopraffatta da nulla e da nessuno.

Luigi Pretto


Il testo è arricchito da un'iconografia documentaria suggestiva e da 20 tavole a colori fuori testo. Il libro ha ottenuto nel 2002 il primo premio con medaglia d'oro nella sezione «Ricerche», alla tredicesima edizione del Premio Internazionale «La Letteratura dell'impegno», promosso dall'Associazione Italiana Maestri Cattolici e dall'Unione Cattolica Artisti Italiani, con il patrocinio della Regione Veneto e dei Comuni di Padova ed Este. Nella motivazione si afferma che l'opera rappresenta «un'epopea particolare, che ha dato sussistenza e libertà a tanta famiglie dell'alto e basso Veneto. É l'epopea del «baco da seta» e delle «filande» che mostra l'intraprendenza, lo spirito di sacrificio, la creatività» di quelle genti.

Glauco Pretto [Albino (BG), 1928 - Povegliano (VR), 2016], insegnante per passione e professione, ha vissuto nella scuola gran parte della vita: prima come maestro elementare, poi come insegnante di Lettere e preside nelle Scuole Medie. Ha collaborato, fin dal 1965, con diverse Case Editrici, più a lungo con la Mondadori. É autore di numerosi libri di saggistica, di varia divulgazione, di poesia, alcuni anche premiati. Da nonno, affascinato dai nipoti e nel ricordo di tanti suoi piccoli alunni, ha ideato numerose composizioni per bambini. Un saggio è raccolto in questo «Tenendoci per mano».
Con la Casa editrice Mazziana ha inoltre scritto numerosi articoli apparsi sulla rivista «Note mazziane» e pubblicato alcuni libri: «A desligar figure e sentimenti» (1988), «La Chiesa di San Carlo Borromeo a Verona» (2005), «La Madonna del popolo e Don Nicola Mazza» (2008), «Tenendoci per mano» (2009) e «1916 l'Italia impara a fare la guerra» (2015).

Nata in una famiglia agiata, Maria Girelli ha conosciuto il baco da seta fin dall'infanzia. Entrata in filanda a undici anni, vi ha svolto tutte le mansioni di operaia. Per la presente opera è stata una preziosa collaboratrice.

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