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Secondo appuntamento di stagione del nuovo ciclo di incontri con “Vite narrate. Raccontaci la tua storia” un invito a riscoprire la potenza della narrazione e, soprattutto, dell’ascolto, condiviso e umano.

Da un’idea di Paolo Apolito (“Antropologo a domicilio”), la rassegna nasce per restituire centralità alla parola dando voce non solo a volti noti del territorio, ma anche alle persone comuni testimoni preziosi di storie di vita quotidiana, di salite e discese, di sfide e cambiamenti, di sogni e speranze. Ciò che conta è la forza del dialogo, la sua capacità di colpire, di richiamare altre storie, di accendere altri ricordi, attraverso il confronto diretto delle esperienze vissute. Dopo l’incontro inaugurale insieme a don Roberto Faccenda, la Fondazione Gatto Cultural Hub al Palazzo d’Avossa (via Botteghelle, 11) accoglie la storia autentica e profonda di Maria Rispoli, lunedì 30 giugno, dalle 19.15. Spazio a domande, conversazioni e riflessioni, arricchite da una cornice musicale a cura di Antonio Giordano, che accompagnerà il racconto con canti, chitarra battente e zampogna, creando un’atmosfera sospesa tra parole e suoni. Storica titolare della Merceria Rispoli in via delle Botteghelle, Maria Rispoli è un punto di riferimento per intere generazioni di salernitani. La sua storia personale si intreccia con quella della città e di un’attività familiare ultracentenaria, nata nel 1904 come bottega di produzione e riparazione di ombrelli e cresciuta fino a diventare simbolo di artigianalità, passione e innovazione. Nel 1954, Domenico Rispoli sposa la giovanissima Maria Esposito che anni prima aveva già deciso di affiancarlo, oltre che nella vita, anche nel lavoro. Con il tempo, la signora Maria si afferma come figura chiave, introducendo anche la rimagliatura delle calze. Con lei si parlerà di memoria, di lavoro e di comunità: una vera e propria narrazione collettiva in cui il personale si fa universale. Ma perché oggi, in un mondo iperdigitalizzato, sentiamo ancora il bisogno di sentirci connessi l’un l’altro guardandoci negli occhi? «Raccontarsi a voce, di persona, restituisce senso alla parola, genera vicinanza, crea legami. Perché raccontare è anche un atto di cura collettiva: chi parla si affida, chi ascolta accoglie. Un gesto semplice e potente che ci ricorda chi siamo”– spiega Paolo Apolito. L’ingresso è libero. Dopo la pausa estiva, gli incontri riprenderanno a settembre con nuovi ospiti e, naturalmente, con nuove vite narrate.

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