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Con "Cantare alle ossa" chiude la rassegna di Artenauta Teatro "L’Essere & l’Umano", giunta alla V Edizione, ideata da Simona Tortora, che ne cura la direzione artistica, in collaborazione con il Teatro Pubblico Campano, organizzata a cura di Giuseppe Citarella.

L'ultimo appuntamento si terrà dunque venerdì 24 maggio alle ore 21 al Teatro Diana di Nocera Inferiore. "Cantare alle ossa" è una produzione della compagnia Artenauta ed è proprio Simona Tortora a firmare sia la drammaturgia che la regia dello spettacolo, mentre  disegno e luci sono di Giuseppe Petti. La pièce è un invito a riflettere sull'umanità perduta dei tempi attuali, per individuare una via di uscita e non perdere la speranza. Scrive Tortora nelle note di regia: "Sono tempi in cui, come persone, stiamo dando il peggio di noi stessi: nei confronti dei nostri simili, degli animali e della natura. Seminiamo odio, arroganza, ignoranza, violenza, razzismo. Giorno per giorno vediamo sbiadire la poesia, l’amore, la speranza; l’umanità stessa sta spegnendosi a vantaggio di un surrogato incurante dei disastri che va combinando, con un’opera di inquinamento del nostro presente che oramai ha rinunciato a costruirsi il futuro. Abbiamo bisogno di ritrovare l’antica forza luminosa che è dentro di noi. Quello che di noi resisterà, oltre la vita, sono le ossa. Allora è da quella forza indistruttibile che bisogna partire. In un racconto della Pinkola Estés, la Loba vive in un luogo nascosto dell’anima - tutti la conoscono ma pochi l’hanno vista -, che si occupa di chi si è perduto. Suo compito è raccogliere le ossa. La sua specialità sono i lupi. Quando ne ha riunito lo scheletro si leva sulla creatura e inizia a cantare. Allora le ossa si ricoprono di carne e di peli. La Loba canta ed il lupo torna in vita. Dunque, sta ad ognuno di noi ritrovare il proprio mucchietto di ossa abbandonate, per rinnovare la loro forza, vitale e indistruttibile. Cantare alle ossa è un lavoro sul corpo e sulla voce, è tornare alla memoria antica, ritrovare poeti e sognatori, uomini simili a santi e santi, folli e artisti. Un canto poetico, un amore più ampio, non solo verso noi stessi, ma che si proietta sull’altro, sulla natura, sulla necessità di salvarsi dalle parole inutili".