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enzook1ASCEA, ARCHEOLOGIA E MARE, DOVE NACQUE LA FILOSOFIA GRECA "SOLTANTO L'ESSERE, IL VERO" 
Esiste una piccola città nel cuore del Cilento, Ascea, 6000 abitanti, a pochi km da Paestum che va assolutamente visitata: un alternarsi di spiagge bianche e calette con una meravigliosa area archeologica, Patrimonio Unesco, dove duemila anni fa nacque la filosofia greca, così tanto amata da Luciano De Crescenzo.  Ascea, un tempo Elea-Velia, fu una colonia greca fondata nel VI secolo a.C. dai Focei che fuggivano dalla Ionia (oggi in Turchia) perché in guerra con i Persiani.
Ascea fu il luogo dove, ancora prima di Socrate e Platone, grazie a Senofane di Colofone, Melisso di Samo, Zenone e soprattutto Parmenide, gli uomini iniziarono ad interrogarsi sul senso più profondo della natura umana. La scuola di Elea, fu la prima a cercare l’arché, l’origine, attraverso una spiegazione razionale, quella del principio logico di non contraddizione, così caro ad Aristotele.
Hegel, secoli dopo, affermò che “con Parmenide ebbe inizio la vera filosofia; l’uomo che si libera dalle rappresentazioni sensibili e dalle opinioni, nega a queste ogni verità e dice: “ soltanto la necessità, l’essere, è il vero”. Anche Platone diede merito a queste tesi con la sua opera intitolata “Parmenide”, in cui i protagonisti del dialogo sono Parmenide, Zenone e Socrate.  Elea fu anche sede di una Scuola di medicina e di un asclepeio per le cure: la Scuola Medica Salernitana fu la diretta discendente della Eleatica, e dei suoi principi ispiratori.
Antica VeliaEppure di Elea, nessuno, fino alla seconda meta’ del XIX secolo, ne sapeva l’esistenza, quando lo studioso Francois Lenormant che viaggiava spesso nell’Italia meridionale alla ricerca di vestigia della Magna Grecia, intuì che sotto un castello normanno a sud della foce del fiume Alento, sorgeva una città risalente al 6° secolo a.c. I primi scavi vennero realizzati nel 1927 guidati da Amedeo Maiuri. Le rovine portate alla luce stupirono tutti: l’Area Portuale, Porta Marina, Porta Rosa, la meglio conservata di tutta la Magna Grecia, le Terme Ellenistiche e le Terme Romane, divise in calidarium, tepidarium e frigidarium (frequentate anche da Cicerone e Orazio), l’Agorà, l’Acropoli, il Quartiere Meridionale e il Quartiere Arcaico.
L'area archeologica di Velia è a confine con il Comune di Casal Velino. Vi si accede da via di Porta Rosa, il primo esempio di arco a tutto sesto costruito in Italia di matrice greca ancora in perfetto stato di conservazione. Noi vi suggeriamo tre percorsi di visita:
Il primo dalla durata di un’ora e mezza consente di visitare i principali monumenti della città antica. Si visita il complesso dell’Insula II e le Terme del Quartiere meridionale. Poi costeggiando il Santuario di Asclepio si giunge a Porta Rosa. Si va poi al Quartiere Arcaico, il teatro e la terrazza superiore del tempio; si raggiunge infine la chiesetta medievale (la cosiddetta Cappella Palatina), sede di un lapidario.
Il secondo percorso è di cinque ore: il primo percorso viene integrato dalla visita ad una casa dell’Insula I e al circuito delle mura, fino alla Torre Circolare. Si entra nel Santuario di Asclepio, visitandone la piazza e la fontana; si visita il complesso delle Terme ellenistiche. Sull’acropoli si visita il monumento del Santuario con i portici e la chiesetta settecentesca,  il Santuario di Poseidone e, percorrendo il circuito delle mura, si arriva alla sella di Porta Rosa. Scendendo dall’acropoli è possibile visitare il Quartiere occidentale e la Casa degli Affreschi.
Il terzo percorso si realizza in due giorni dove il primo giorno è dedicato completamente alla visita della città, percorrendo l’intero circuito murario fino al fortilizio di Castelluccio, costeggiando, nella discesa verso il mare, il quartiere e le Terme al Vignale. Il secondo giorno è dedicato alla visita di Moio della Civitella, abitato lucano, racchiuso da una poderosa cinta muraria con una spettacolare porta d’ingresso e Roccagloriosa, a ridosso di Palinuro, racchiuso anch’esso da una poderosa cinta di mura.
Una volta negli scavi è probabile che, oltre Parmenide torni in mente anche Zenone che lì dispensava il suo sapere, e domandarsi, ancora una volta, come fosse possibile, in virtù della sua logica, che Achille piè veloce Achille non riuscisse mai a raggiungere la tartaruga.
Elea fu anche descritta sublimemente da Giuseppe Ungaretti. Il poeta di «M'illumino d'immenso», realizzò, come corrispondente della Gazzetta del Popolo, negli anni trenta, dei reportage sull’Italia Meridionale. Così descrisse Elea:
“È dunque questa, Elea, fondata da fuggiaschi, verso cui Cicerone fuggiva quando fu ucciso? Un colle e, su, un castello come una gran carcassa di gallo fra due torri – e null’altro? […]. Non può esserci spazio, cioè vuoto, insisterà con te il tuo discepolo Parmenide. Guarderà come me da questa altura, e vedrà, per il torbido della giornata, il cielo senza orizzonte confondersi col mare nello stesso grigio infinito, e avrà nuova prova che l’infinito è, come il finito, illusione. E se non può esserci spazio, se non può esserci cioè vuoto, se l’unica sostanza reale tutto occupa, è un inganno dei sensi il non essere; anche la morte è un inganno, come il muoversi, come il mutare…. La vostra forma mortale era bene un’illusione, come tu dicevi, Parmenide; ma la vostra voce, io la sento in questo silenzio: ciò che era materia immortale in voi, è immortale. Anche in questo mio corpo caduco”

*docente dimarketing turistico e local development

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