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CIAK SI VISITA: NAPOLI E CASERTAVECCHIA NEL DECAMERONE DI PASOLINI, E LA GRAGNANO NE "LO SGARRO" DI SIANO
 
enzook1Jorit gli ha dedicato un murales all’uscita metro di Scampia come forma di speranza e cultura in un quartiere simbolo di Napoli, accompagnandone il volto da una frase dalle sue Lettere Luterane: «T’insegneranno a non splendere…E tu splendi, invece» . L’amore di Pasolini per Napoli divenne passione quando il regista diresse nel 1971 Il Decamerone che interpretava liberamente, nove racconti tratti dall’opera omonima scritta tra il 1348 e il 1353 da Giovanni Boccaccio. 
Nel film sostituì il napoletano alla “favella” toscana, i vicoli di Napoli a quelli di Firenze, il borgo di Casertavecchia al contado toscano. Immortalando nel film luoghi celebri e no, come Palazzo Penne ai Banchi Nuovi dove vi girò l’episodio di “Elisabetta da Messina”; come i bagni di Posillipo o Rua Catalana e piazza Mercato. A piazza Santa Chiara fu addirittura ricostruito un mercato del Trecento. Ma i ciak più importanti furono soprattutto a Caserta, nel borgo di Casertavecchia. Il film ha il suo inizio proprio nel castello, ai piedi della torre medioevale. Qui girò scene de il Racconto-Cornice di Ser Ciappelletto (novella I della prima giornata) e parte dell’episodio di Peronella (novella VII della II giornata), mentre a Piedimonte di Casolla, vennero filmate scene di Andreuccio da Perugia e di Caterina di Valbona (novella V della quarta giornata), registrata nel Palazzo dei Marchesi Cocozza di Montanara. Infine anche Ravello, in costiera amalfitana fu scelta: la Chiesa della SS Annunziata fu la location dell’episodio di Masetto, il contadino innamorato delle suore del convento.
Il Decameron al Festival di Berlino del 1971 vinse l’Orso d’Argento. Ma è bene chiarire una cosa: il Decameron di Pasolini non è quello di Boccaccio, che aveva l’obiettivo (squisitamente medievale) di far ridere e basta.  In Pasolini quegli episodi si trasformano in rivincita contro il “potere costituito” tratteggiando vizi e corruttele di ogni ceto sociale, cercando nel “libero amore” tipico di quegli anni un modo perfetto di comunicazione tra gli uomini. Ma quel film a tanti in Italia, non piacque: due mesi dopo l’uscita fu denunciato alla Procura di Trento per “oltraggio al comune senso del pudore” e quantunque la denuncia fu archiviata dal giudice, molti procuratori della Repubblica, in varie parti d’Italia, decisero il suo sequestro nella loro zona, ma ogni volta il tribunale di Trento, rivendicandone la competenza territoriale, ne ordinò il dissequestro con la sola limitazione ai minori di 14 anni.  Una visita oggi alla collina di Casertavecchia è un must, con la cattedrale cuore della città, la piazza, manifesto dell'arte gotica (il palazzo dei vescovi), rinascimentale (il palazzo di fronte al tempio) e romanica. E a pochi metri l'altra chiesa romanica, con portale gotico e stucchi settecenteschi, la chiesa dell'Annunziata.
Da Casertavecchia andiamo a Gragnano a vedere i luoghi de “Lo Sgarro” (1962) opera prima del regista stabiese Silvio Siano ed attori come Saro Urzì, Luisa Conte e Charles Vanel, più molte comparse locali. Un film che ebbe una peculiarità: all’indomani della sua proiezione nei circuiti napoletani, la pellicola scomparve dalla circolazione per anni. Solo grazie alla passione di cinefili di Palma Campania “le pizze” furono poi ritrovate e rimesse in circuito. La trama era semplice: in un paese senza forze dell’ordine, un ras impone la sua legge, quella della violenza, nel mercato delle carni. Ma un giorno, una bambina uccisa da quei barbari, provoca la ribellione dei cittadini contro quel sistema criminale, riscattandone la dignità. I buoni che vincono alla fine, canovaccio poi ripreso nei cosiddetti western all’italiana. Per quei spaccati neorealistici (quasi documentaristiche le scene sul mercato del bestiame di Nola, con i contadini taglieggiati), “Lo sgarro” fu paragonato a “La Sfida” di Francesco Rosi, che narrava la storia di Pascalone e Nola e Pupetta Maresca. 
Il film, girato tra Nola, San Giuseppe Vesuviano e Palma Campania ebbe il suo fulcro a Gragnano, nel centro antico: Piazza San Leone con i calessi addobbati per la festa, lo slargo di via Lombardi con il palazzo Girace, il ponte per Agerola e la via Grado, gli scorci di Caprile e San Giuseppe, e la stazione ferroviaria, dove emblematicamente  inizia e termina la vicenda. Quasi tutto oggi è rimasto uguale al film: manca solo l’orologio nella stazione e la tettoia del deposito merci.
 
Oggi quella Gragnano è vanto italiano e ambasciatrice della Dieta Mediterranea nel mondo. L'IGP per la Pasta, esportata ovunque attraverso una ventina di pastifici, il DOC per il vino, i DOP per 2 formaggi, l'olio extra vergine di oliva, i pomodori come anche il panuozzo e le ciliegie di Castello . Ma Gragnano è anche arte, cultura, trekking, paesaggi. Un tour a Gragnano non può non partire dal suo luogo simbolo, Piazza S. Leone, palazzi nobiliari dagli imponenti portali in pietra vesuviana e fontana centrale in marmo bianco con scultura a forma di pigna, emblema della città e della fertilità di quella terra che diventa anche cultura in un tour di due km alla valle dei mulini, dove tra archeologia industriale e natura si dispiega uno dei paesaggi ambientali e storici più caratteristici della Campania .
 
*docente di marketing turistico e local development

 
 

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