"INDIFFERENTEMENTE", AMORE, PASSIONE E ODIO, PASSANDO PER INSCIALLAH DELLA FALLACI, DE CHIRICO ED IL COMPLESSO DI BRUNILDE

enzo buona

La canzone napoletana è piena di amori tormentati, e di addii disperati. Indifferentemente. scritta nel 1963 da Umberto Martucci e cantata da interpreti come Sergio Bruni, Roberto Murolo e Mina ne è l’emblema. Una canzone presente anche in film come Passione, di John Turturro del 2010, e nel Il principe abusivo, del 2013, con Alessandro Siani e Christian De Sica.

Indifferentemente è un must del patimento d’amore, è la cronaca in diretta della fine di una storia. I due, mano nella mano, si ritrovano a guardar la Luna, «l'ultima scena» di un amore finito, senza più nulla da dire. Lui, rendendosi conto che non «è più niente per lei» («tanto 'o ssaccio che só': pe' te nun só' cchiù niente!...»), si aspetta solo che la compagna confermi la fine della loro storia. Lui preferisce sapere subito da lei che è finita...«e damme stu veleno, nun aspettà dimane!» che accetterà, seppur con dolore, in maniera indifferente («ca, indifferentemente, si tu mm'accide nun te dico niente»). E indifferentemente la perderà («...e indifferentemente io perdo te... Esaurito il dramma, non resta che un ultimo grido: Ij voglie a te, l’ultima scena di un sentimento che non vuole morire ma muore. Potremmo disquisire per ore su quale carica d’amore vi sia in queste parole, nobili o di un uomo debole ma non sarebbe importante.

Cosa ricorda questa canzone? Tre cose, Insciallah di Oriana Fallaci, il dipinto Ettore e Andromaca di Giorgio De Chirico ed infine il famigerato complesso di Brunilde che rappresenta bene il passaggio dall’amore all’odio.

“Insciallah” ovvero Se Dio vuole, è il racconto scritto dalla Fallaci nel 1990 sul palcoscenico della guerra del Libano, ma che passa in secondo piano per parlare al lettore di un altro conflitto, quello interiore, quello che vive l’umanità oggi martoriata, sconfitta dagli eventi, dall’odio, ma che non smette di interrogarsi sulla felicita, sull’amore e sulla sua mancanza. In Insciallah la Fallaci lo esprime magnificamente con queste parole:

“La morte di un amore è come la morte d'una persona amata. Lascia lo stesso strazio, lo stesso vuoto, lo stesso rifiuto di rassegnarti a quel vuoto. Perfino se l'hai attesa, causata, voluta per autodifesa o buonsenso o bisogno di libertà, quando arriva ti senti invalido. Mutilato. [...]Poi... un po’ alla volta ti passa. Magari senza che tu ne sia consapevole, lo strazio si smorza, si dissolve..il vuoto diminuisce, e il rifiuto di rassegnarti ad esso scompare... Però sull'anima rimane uno sfregio che la imbruttisce, un livido nero che la deturpa. Ecco perché, anche se un amore langue senza rimedio, lo curi e ti sforzi di guarirlo, lo trattieni e, in silenzio, lo supplichi di vivere ancora un giorno, un'ora, un minuto....”.

Amare quindi è anche saper dire addio, come nel caso di Ettore e Andromaca, due individui post-umani, rappresentati da De Chirico in un suo famoso dipinto del 1917, che si stringono, si sostengono, come due amanti. Il grande eroe troiano “dominatore di cavalli”, davanti alle porte Scee saluta sua moglie Andromaca e le fa comprendere le ragioni che lo spingono ad andare a combattere fuori dalle mura. Ettore, l’uomo che ama la patria, la moglie ed il figlio, ma anche l’eroe “fermo”, disposto a sacrificarsi per Troia. Grande è il gesto di Andromaca, capace di accettare la volontà dell’amato anche se il dolore le attraversa l’anima.

Pensiamo allora al cosiddetto complesso di Brunilde, alla idealizzazione dell’amore. Tema del Nibelungenlied poema epico della prima metà del XIII secolo, che ispirò, anche Richard Wagner nella sua celebre tetralogia L'anello del Nibelungo (1848-1874).

Brunilde, era una delle più belle Valchirie, le vergini guerriere, inviate, secondo la mitologia nordica, sui campi di battaglia al fine di poter scegliere i combattenti che stavano agonizzando, per destinarli a morte gloriosa, ciò che avrebbe permesso loro il passaggio al Walhalla, il paradiso degli Dei. Ma Brunilde, era disobbediente e per questo suo carattere Odino, Re degli Dei, la punì relegandola su un monte circondato da fiamme, in modo che non potesse scappare. La salvò Sigfrido. Tra i due scoppiò l’amore, invidiato però dal cattivo mago Haven invaghito di Brunilde. Divorato dalla rabbia, Haven preparò un incantesimo d’amore, facendolo bere all’ignaro Sigfrido, il quale a causa di tale intruglio abbandonò Brunilde per innamorarsi pazzamente di Crimilde, la figlia del Re; ma non solo, si adoperò anche affinché la sua ex amante sposasse Gunther il fratello di Crimilde.

Brunilde, tradita, fece in modo che Sigfrido fosse ucciso ma rosa poi dal rimorso si diede lei stessa alla morte lanciandosi col suo cavallo su una pira in fiamme. Tale morte valorosa le fece raggiungere il Walhalla dove poté ricongiungersi eternamente con Sigfrido ormai immune dal sortilegio. E sta in questa esasperazione degli opposti, amore e odio, il significato psicologico del complesso di Brunilde che sa amare incondizionatamente tanto dal cambiare carattere e atteggiamento, sa passare dall’essere mascolina (una guerriera) all’essere donna e fragile, ma sa anche passare in pochissimo tempo da una fase idilliaca, irreale ad un’altra, da un’amore spropositato ad un odio atroce. Nell’intimo, una donna che soffre per i rapporti che le procura il suo essere guerriera, di essere forte, dove non le viene chiesto di mostrare un lato più femminile che le consentirebbe di percepirsi come una donna completa.

Diceva Buddha: “Sei forte quando conosci le tue debolezze. Sei bella quando apprezzi i tuoi difetti. Sei saggio quando impari dai tuoi errori”.

*docente di marketing turistico e local development