enzo buonaNATALE IN CASA CUPIELLO, QUADRO DEL NATALE NAPOLETANO DI IERI E....DI OGGI

Un pezzo storico ma attualissimo della cultura artistica napoletana ed italiana, e che tutti riguardiamo a Natale. Natale in casa Cupiellonasce nel 1931 e segna il debutto di Eduardo De Filippo con i fratelli Peppino e Titina. Una commedia che mostra il lato vero di una famiglia napoletana novecentesca e farcita di significati quali: il natale è famiglia, cultura, condizione sociale, stati d’animo. Ma anche familiari che quando si riuniscono tutti assieme nella notte di Natale attorno alla tavola diventano motivo di interesse e riflessione. In Natale in Casa Cupiello, i personaggi si giudicano, sbagliano, sono ambigui, gelosi, trasgrediscono; incapaci di parlarsi apertamente, nutriti di finzione, pronti a negare la realtà e a non accettare la verità, vivono di detto non detto, omertosa solidarietà. Tutto il contrario di cosa dovrebbe essere il Natale.“Te piace o presepio?”  diventa allora non solo una domanda, ma un mantra, una richiesta di venire ascoltati.

 

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Ed il presepe è il vero protagonista del dramma, la maschera, il filtro attraverso il quale Luca Cupiello guarda il mondo. Solo gli occhi di Luca però sono accecati dal presepio, perché tutti gli altri personaggi stanno vivendo un dramma e la cena di Natale non inizia neanche perché il conflitto familiare raggiunge il suo apice. La realtà è che tutti in casa Cupiello si sentono soli: è sola Concetta, costretta a sfogarsi con il portiere Raffaele per una vita passata “cu nu marito ca nun ha saputo e nun ha voluto fa maie niente”, è sola Ninuccia, sposata troppo giovane ma che ora si trova a dover scegliere fra le ragioni del cuore e quelle della morale. E’ solo Tommasino che vorrebbe “diventare un bravo giovane” e ribellarsi a quella tradizione che il presepe di suo padre rappresenta. E’ solo Pasquale che in fondo invidia la famiglia Cupiello perché lui è scapolo e non ne ha una sua.

Ma la solitudine principale, metafora dell’incomprensione umana è quella di Luca, colui che non sapendo mai niente di cosa succede in casa, nel momento in cui distoglie gli occhi dal presepio e viene in contatto con la realtà si accorge che la sua famiglia non è un presepio, la sua esperienza di padre e di marito è un fallimento totale. Troppe volte aveva ricostruito il presepio, rifacendolo da capo dopo che i suoi figli, con furia lo avevano distrutto. Vuole fare un ultimo tentativo ma la malattia glielo impedisce, e così nel disperato bisogno di pace, prende la mano della figlia e la unisce a quella dell’amante pensando che sia il marito. Poi chiede per l’ennesima volta al figlio “Tommasì, te piace o presepio?” Sì – morendo tranquillo, nella sua chimerica visione del contesto familiare e sociale “E’ tutto a posto, è cosa e niente”

Come inquadrare oggi questa commedia? Quante volte nelle famiglie capita di essere poco ascoltati, assenti, di sentire poca attenzione, di pronunciare la frase ‘tutto a posto” oppure “ma tanto cosa lo dico a fare?”. Dove il proprio mondo diventa la propria stanza. E’ il preludio del vuoto esistenziale di un mondo di connessi in permanenza con la rete ma disconnessi dalla realtà fatto di vite incomunicanti, di feroce egoismo talvolta di figli, perduti nel mondo virtuale del web, e di genitori, incapaci di avere relazioni veraci con loro e tra loro, ma ostinati a dimostrare al mondo, sui social che va tutto bene, che si è felici, ma probabilmente solo per convincere loro stessi cercando di convincere prima gli altri. Ma come dimostrano molte ricerche, chi ostenta troppo cercando l'approvazione o l'opinione degli altri forse non è così felice come pensa. Perchè a una coppia felice non dovrebbe interessa l'opinione di nessuno, neanche dei familiari e degli amici. Perché la felicità dovrebbe bastare a se stessa.

La domanda che ci poniamo allora: è possibile oggi una famiglia felice e comunicante? Riusciamo ad essere adulti leali e onesti con noi stessi? Riusciamo a guardare con consapevolezza le nostre relazioni? La vicenda di Luca Cupiello vuol essere emblematica di come una famiglia “malata” di rancori, colpevoli silenzi e pregiudizi possa nuocere a chi in essa vive e in essa dovrebbe crescere e formarsi nel migliore dei modi. Perché una famiglia e soprattutto genitori che vivono senza serenità, col timore di esprimere la loro natura ed i loro veri sentimenti, capaci di seppellire nei loro silenzi le domande fondamentali e i desideri più profondi sotto una coltre di perbenismo e di quieto vivere non fanno che danneggiare e umiliare non solo loro stessi, ma anche e soprattutto la componente più indifesa, cioè i figli, trasmettendo, con la loro apparenza fatta di sorrisi smaglianti e foto abbracciate sui social, un’idea sbagliata dei rapporti umani e, in definitiva, dell’affettività. Pensando di essere eterni, come se ci fosse sempre un domani cambiare le cose, nel quale poter affermarsi realmente. Ma l’unico domani è solamente l’oggi.

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Docente di marketing turistico e local development