QUEI GIOIELLI DI STABIAE DAL SIPARIO CHIUSO

enzo buona

Se al nord o altro Paese europeo, avessero esemplari come le ville di Stabia e Grotta San Biagio ed un Museo all’altezza, avrebbero già creato un flusso turistico tale da dover installare i tornelli per l'entrata. Contando che siamo a poche centinaia di metri dall’inizio della Penisola Sorrentina, parlare di sviluppo turistico e non saper valorizzare questo sito, appare paradossale.

 

La lava che nel 79 d, C. fuoriscì dal Vesuvio, coprì un tessuto produttivo basato su una settantina di ville rustiche, ovvero aziende agricole di medie e piccole dimensioni. Lungo la costa, in splendida posizione sul mare, invece erano disposte le grandi ville d’otium, proprietà fondiarie enormi, tra i 14 e i 20 mila metri quadrati, compreso il giardino, dotate di spaziosi peristili che superavano i 100 metri di lunghezza; veri e propri palazzi, con decine di ambienti, terme, peristili e giardini. Ed impressionanti per l’originalità delle soluzioni architettoniche e lo sfarzo delle decorazioni. Tutta questa grande bellezza venne alla luce nel 1749, durante il regno di Carlo di Borbone e sopratutto negli anni ‘50, grazie alla centrale opera del preside Libero D'Orsi, che consentì di ottenere, attraverso scavi professionali, elevati status di conservazione degli affreschi e dei mosaici, che ancora oggi preentano quei vividi colori pre-eruzione. Apparati decorativi assolutamente originali, affreschi confrontabili con le pitture della Domus Aurea o della Domus Transitoria. Cicli pittorici di artisti venuti probabilmente direttamente da Roma, chiamati da una ricca committenza che poteva permettersi di seguire la moda in voga nella capitale, servendosi dei più abili artigiani.

Insomma una tale magnificenza che anche Alberto Angela ne parlò ammirato, ben due volte a Superquark. Come pure tante altre sono state le trasmissioni o articoli di magazine, a supporto di questi gioielli.

Anni fa Restoring Ancient Stabia, una fondazione italoamericana cercò, anche attraverso grossi sforzi economici, di promuovere, coinvolgendo musei ed istituzioni scientifiche mondiali un progetto internazionale che facesse da volano per realizzare a Stabiae un grande parco archeologico. Due mostre di reperti stabiesi che al mondo intero fecero conoscere la grande bellezza di Stabiae: “In Stabiano” che negli USA, dal 2004 fece tappe a Washington, Arkansas, Nevada, California, Georgia, Wisconsin e Florida, e un'altra mostra, Otium ludens, all'Hermitage di San Pietroburgo, addirittura considerata dal Times tra le migliori dieci proposte culturali del 2008.

Ma a fronte di quella impensabile visibilità internazionale capace di dare a Stabiae una vetrina autonoma da Pompei, capace di portare migliaia di studiosi sul sito, e frutto anche del lavoro di tanta società civile stabiese, come sempre accade nel nostro Paese, invece di raccoglierne i primi frutti, prevalsero egoismi, invidie e gelosie, tutto il contrario di quelle sinergie istituzionali, tali da consentire ad un progetto diventare elemento trainante di sviluppo locale.

Quell’entusiasmo di dieci anni fa, oggi sembra spento. Stabiae è ormai scomparsa dalle scene. E la città non sembra purtroppo molto risentirne. A parte qualche altra ricerca accademica internazionale, senza nessun impatto socioeconomico con il territorio, a parte qualche altra voce isolata, il sito continua a vivere nei suoi problemi irrisolti. Non a caso, attualmente le ville, quantunque l’ingresso sia gratuito, riscontrano un tonfo di visitatori in controtendenza rispetto agli altri siti pompeiani.

E qui si apre un altro, dolentissimo capitolo, molto poco artistico, fatto di pochi soldi, di progetti mai realizzati e di istituzioni pubbliche miopi, talvolta incompetenti. Attorno alle ville c'è un abusivismo edilizio spaventoso. Infrastrutture, vigilanza, sicurezza sono inadeguate. Non esiste logistica, non ci sono uffici turistici idonei e con competenze multilingue. Non ci sono mezzi pubblici che dalla stazione della circumvesuviana accompagnano i turisti ai siti archeologici. E se qualche temerario sceglie di percorrere i 3 km che li separano dagli Scavi Archeologici la segnaletica o la cartellonistica è inesistente o ridicola e i marciapiedi sono ricoperti da erbacce. La via di collegamento tra Villa Arianna e il centro città è chiusa ormai da anni con grossi blocchi di cemento e talvolta discarica all’aperto. Insomma tutto il contrario di ciò che prevederebbe la fruibilità di un sito archeologico. Ovvio che siano pochissimi i tour operator disposti ad investire.

Stabiae non merita il trattamento fino ad oggi riservatole, quello cioè di un sito periferico e precario, necessita di progetti seri, di reali collegamenti dell’area archeologica con la città se davvero crede ad una vocazione turistica della città. E comprendendo nel progetto anche Grotta di San Biagio, anch’essa non visitabile, luogo scomparso dalla memoria storica collettiva stabiese, dove, si incontrano la storia della città romana di Stabiae, con la presenza dei primi cristiani e dei monaci benedettini, oltreché cavità naturale che i romani utilizzavano come cava di tufo per la costruzione delle ville o come strada di collegamento sotterranea tra la spiaggia, che all'epoca si trovava a pochi metri, e la sovrastante Villa Arianna. Un progetto di apertura di Grotta San Biagio, ripristinando l’antico accesso romano a Villa Arianna potrebbe essere sinergico al parco archeologico di Stabiae. Costituendo così un’unica offerta di archeologia romana e paleocristiana.

Ma sarebbe andare troppo avanti visto che negli anni non si è riuscito neanche a dare una definitiva sede anche agli ottomila preziosi reperti che si spera, come affermato dalla Soprintendenza di Pompei, trovino sistemazione per il museo della Reggia di Quisisana.

*Docente di marketing turistico e local development