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enzo buonaLe belle spiagge della Campania: quella voglia di avviare uno stabilimento balneare

Abbiamo in Campania le bandiere blu ma da pochi mesi anche cinque stabilimenti ISO 13009, il più prestigioso riconoscimento internazionale di qualità e di promozione turistica che certifica le migliori strutture a basso impatto ambientale. Sono tra Capri e Sorrento: Lido la Fontelina, Canzone del Mare, Lo Smeraldo, Le Ondine e Ristorante il Delfino. La Canzone del Mare, poi, si è spinta oltre con la certificazione “Simply Halal” ovvero unica struttura campana preparata a intercettare la domanda proveniente dagli Emirati Arabi Uniti e più in generale da tutti i paesi arabi.

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In Campania negli anni l’utilizzo e la trasformazione del demanio marittimo ed il conseguente aumento dello sfruttamento dei litorali ha prodotto un’economia di settore (talvolta distorta, con l’avallo di comuni inadempienti), dall’enorme potenziale economico e lavorativo. Circa mille sono le imprese balneari, l’ 11,5% del dato nazionale (Emilia Romagna guida con il 13,5%).

La crescita del comparto è forte. Nel 2017 leader è stata l’Emilia-Romagna con un +25%. Tallonata dalla Puglia (+23%) e Sicilia (+22%), Liguria e Sardegna (+19%), Toscana e Veneto (+18%), Calabria e Campania (+16%). Insomma un trend importante che sta ripetendosi anche quest’anno.

E molti sono i giovani e nuove imprese giovanili desiderosi o in attesa di avviare una attività di turismo balneare. Ma molti si sono arenati perché totalmente a digiuno delle normative, delle procedure burocratiche e delle autorizzazioni necessarie, ed anche dalla non chiarezza della direttiva UE Bolkestein del 2006, che prevedendo la scadenza delle concessioni esistenti e di assegnare a bando i litorali dal 2020 ha messo sul chi va in tanti impauriti dalla norma.

La prima domanda è: ma quanti soldi, Bolkestein a parte, oggi si possono ricavare tra affitti delle cabine, ombrelloni, sdraio e quant'altro? Una media italiana descrive che le cabine sono mediamente affittate ad un prezzo che varia dai 1.000 ai 3.000 euro a stagione. Solo con 100 cabine si ricavano tra 100.000 e 300.000 euro. Aggiungiamo a ciò i ricavi da biglietti di ingresso, noleggio lettini, sdraio, ombrelloni, utilizzo di ristoranti, piscine, acquisto di caffè, gelati, bibite. Attualmente uno stabilimento medio piccolo come tanti, con una concessione demaniale di 5.000 mq di spiaggia, strutture fisse per 200 mq, di cui 100 di difficile rimozione, paga al demanio per la concessione dell'arenile secondo quanto previsto dalla legge meno di 10.000 euro l'anno. Pochissimo se paragonato ai ricavi

Secondo l’art. 28 del codice della navigazione, le spiagge fanno parte del demanio marittimo, proprietà inalienabile dello Stato. Fanno parte del demanio marittimo oltre il lido e la spiaggia, anche i porti, le rade; le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.

Dopo la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, la gestione amministrativa delle spiagge è passata dallo Stato ai singoli comuni, solo ai quali è data facoltà di concessione delle spiagge a privati ai fini di valorizzazione turistica. Ciò significa che il suolo rimane di proprietà dello Stato ma l’utilizzo e la responsabilità, così come i guadagni, sono del gestore dell’attività nella quale devono essere presenti: strutture di prima necessità come i bagni (adatti anche ai disabili) e le docce pubbliche, lettini, ombrelloni ed, eventualmente, zone dedicate a categorie di persone particolari, come un’area sportiva, un’area gioco per bambini, una zona pet-friendly.

Comunque, sia Campania o altra regione, ottenere una concessione demaniale marittima per attività turistico-ricreative non è semplice: la richiesta va inoltrata al Comune, ma di fatto occorre aspettare l’esito di un concorso che viene bandito periodicamente dall’Ente del Demanio Marittimo e che assegna i lotti disponibili. Più agevole risulta, invece, subentrare nella gestione di un lido già esistente. Tra i documenti necessari c’è anche l’Autorizzazione unica ambientale, il certificato che attesta la tutela (ambientale) del territorio in cui viene realizzato lo stabilimento. Si richiede al Suap (Sportello unico per le attività produttive) che, a sua volta, la trasmette alle autorità competenti. Se bisogna anche aprire un chiosco, un bar o un ristorante bisogna ottenere un’altra specifica autorizzazione: la Scia. Dal punto di vista fiscale, occorre invece dotarsi di una Partita Iva ed il possesso di un titolo che certifica uno specifico corso di formazione. Disbrigato tutto non resta che comunicare all’Asl e al Comune l’avvio dell’attività. Ma a fare la differenza sarà poi, come sempre, il fattore umano e le capacitò gestionali. Molti stabilimenti balneari sono a conduzione familiare, ma se l’impresa cresce ed assume una certa dimensione, reclutare personale esterno diventa una mera necessità. Il direttore o gestore del lido è il garante di ogni cosa. Al suo fianco deve esserci una squadra ben affiatata: addetti alla sistemazione in spiaggia (i ragazzi o le ragazze che accompagnano i clienti alle sdraio e aprono gli ombrelloni), i bagnini, il personale nei bar o nei ristoranti e gli animatori che, a onor del vero, non tutti i clienti gradiscono.

La Campania con oltre 500 chilometri di coste ha oggi bisogno di un efficiente Puad, (il piano di regolamentazione e rilancio socio-economico delle aree demaniali e di semplificazione e sburocratizzazione amministrativa), la cui precarietà blocca le certezze di 64 comuni, perché a loro tocca il compito di approvare i piani particolareggiati stabilendo la percentuale minima di spiagge balneabili libere, attrezzate, la tipologia dei servizi, ecc…. ma anche monitorare tutte le procedure amministrative perché fino ad oggi in molte zone si sono consentiti approcci non trasparenti o legali. Insomma, senza regole certe, nessuno è tutelato. L’assenza di norme certe ha generato nel tempo in Campania, contenziosi enormi e contrasti tra enti, dirigenti, operatori del settore in merito a legislazioni contrastanti tra quella europea, quella nazionale e quella regionale. Perché un sistema senza regole equivale ad un futuro senza impresa, giovani che vanno via perché non stimolati ad investire

*Docente di marketing turistico e local development

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