LA SARTORIA NAPOLETANA, IL "FATTO A MANO" WORLD CHAMPION 

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Se anche l’Arsenal ha scelto la sartoria napoletana per vestire il club una ragione ci deve essere. Non a caso il New York Times, nel 2014 e il Financial Times, nel 2015 hanno riconosciuto la sartoria napoletana l’eccellenza artigianale nel mondo del fatto a mano. A Napoli l’apparenza nel vestire bene ha sempre avuto un’importanza fondamentale. Lo sapeva bene Lina Wertmüller, che scelse per il suo Pasqualino "Settebellezze" alias Giancarlo Giannini, un “tailor made” partenopeo, per farsi largo nella società, aspirando a onore e rispetto.

A Napoli l’apparenza nel vestire bene ha sempre avuto un’importanza fondamentale. Lo sapeva bene Lina Wertmüller, che scelse per il suo Pasqualino "Settebellezze" alias Giancarlo Giannini, un “tailor made” partenopeo, per farsi largo nella società, aspirando a onore e rispetto.

Napoli è stata una delle prime città ad esser stata al passo con il concetto di moda, inteso come lo si è inteso nella modernità abbinata alla tradizione. Simbolo di questo concetto, è stata e in parte è ancora, Capri, centro di mondanità e dello stile, di cui si ricorda ancora il gagà, una “partenopeizzazione” del dandy inglese, diventato poi, caratterizzato, una vera e propria maschera.

Una storia sartoriale che inizia nel 1351, con la nascita della Confraternita dei Sartori nella chiesa di S. Eligio, nel quartiere Mercato, dove tuttora hanno sede molte drapperie all’ingrosso. Se nello stesso periodo Dante, Petrarca e Boccaccio fondavano la letteratura italiana, a Napoli, sotto la dominazione aragonese, si sviluppò la sartoria. Gli artigiani napoletani in poco tempo erano richiesti da tutta Europa e nel 1611 la Confraternita certificò nella città un esercito di 607 maestri.

Questa grande tradizione, proseguita negli anni, consentì che a Napoli, fosse poi scritto il primo "Trattato sulle tecniche sartoriali", redatto dalla famiglia di sarti Caggiulo nel 1887, libro poi acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione per distribuirlo nelle scuole di tutto il Regno d’Italia.

In quel periodo, tra i due secoli, via Toledo, era piena di sartorie dove le antiche tecniche si trasmettevano in anni di apprendistato, e dove ancora oggi è possibile trovare gemelli intarsiati, orologi, borse e ventagli in seta con stemmi borbonici. Gli atelier facevano a gara  perchè sui fogli cittadini si parlasse dei propri abiti indossati dai nobili durante le occasioni mondane, facendo in modo che tutto fosse descritto dettagliatamente. Lo struscio della domenica in via dei Mille, altra strada “chic”di allora, era un continuo incrociarsi di sguardi, per valutare com’era vestito Tizio o Caio, se i loro sarti erano i Morziello o i De Nicola, i Sardonelli o i Caggiula, i Rubinacci o gli Attolini. Si osservava il taglio, la giuntura delle maniche, la morbidezza delle spalle, la scioltezza della vita, la larghezza del bavero, le rifiniture, la piega dei pantaloni, l’“aplomb”dell’intero vestito.

Ma cosa rendeva speciale la sartoria napoletana? Innanzitutto la cura del dettaglio e la scelta dei tessuti. Inoltre una concezione minimalista che eliminava tutto ciò che era superfluo, soprattutto per i capi maschili, da rendere l’abito elegante e mai ingessato. La giacca era il fiore all’occhiello, capo simbolo di ogni gentleman, autentico concentrato di storia e cultura. Cucita a mano ed appoggiata su tele di lino. Destrutturata, morbida, leggera. Più corta rispetto agli standard tradizionali, per favorirne il movimento e la gestualità dei napoletani. Con una manica a “mappina” da far intravedere il polsino della camicia; con tasche sovrapposte (a pezza), doppia impuntura, ripresa lunga sul davanti, ed il taschino a barchetta, oltre che minore imbottitura sulle spalle e sulla schiena.

Oggi via Calabritto, Via Chiaia e Via Filangieri sono ancora il triangolo dell’eleganza di Napoli leader di un comparto dove la Campania è al quinto posto, in Italia,  per numero di aziende con 4130 imprese ed un export di 500 milioni annuo. Ed Arzano e Casalnuovo, con il "Polo della Moda", sono le città guida di questo ricco e importante distretto.

Tantissimi oggi sono i sarti ambasciatori nel mondo del made in Naples. E’ difficile fare una lista. Abbiamo cercato di proporre alcuni storici ed altri da poco nati che stanno dimostrando di avere le carte in regola per proseguire questa grande storia artigianale. Ecco la nostra personale classifica:

Cesare Attolini: con obiettivo di creare “abiti imperfetti per corpi perfetti”. E clienti come come Totò, De Sica, Mastroianni, Clark Gable, o politici come il Re Vittorio Emanuele III ed il Duca di Windsor, solo per citarne alcuni;

Maison Luigi Borrelli: “La Camicia Borrelli”, che veste i nomi di alcuni degli uomini più influenti del mondo. Oggi “Fornitore della Real casa di Savoia”, simboli, ancora oggi presenti su tutti i capi;

Kiton: brand unico che grazie al suo fondatore Ciro Paone, da una piccola bottega artigianale in pochi decenni conquista mercati come quello russo e tedesco, approdando a New York, e successivamente anche in Cina e Corea.

Eugenio Marinella: una piccola bottega a Piazza Vittoria diventata marchio tra i più conosciuti d’Italia al punto che negli anni ‘80, l’allora Presidente della Repubblica Cossiga, ne divenne un vero e proprio testimonial. Oggi le cravatte di Marinella, sono comprate ed apprezzate dai politici più importanti al mondo.

Eddy Monetti: sorse nel lontano 1870, a via Toledo quando Eduardo Monetti, decise di aprire il suo primo negozio dedicato esclusivamente ai cappelli. E poi produzione di cravatte ed altri capi, mix di eleganza e un pizzico di stravaganza.

Mario Muscariello: un motto “nati con la camicia”, prodotti come la Caprishort e la GiaccaCamicia che hanno conquistato il Giappone.

Isaia: nasce nel 1920, grazie a Enrico Isaia che aprì un negozio di stoffe. Nel 1957, i sui figli, decidono di spostare la produzione a Casalnuovo, arrivando a conquistare il mercato europeo, americano ed asiatico.

Mariano Rubinacci: della prima metà del XIX secolo, piccola bottega nei pressi del Maschio Angioino e da lì commercio della seta con l’Oriente. Una delle mete preferite di Eduardo De Filippo e Vittorio De Sica. Ancora oggi, Rubinacci veste gli uomini più eleganti d’Italia, ed il suo nome è nelle grandi testate di moda come simbolo di eleganza e tradizione napoletana.

Aristide Tofani: fondata nel 1954, perfezione ed eleganza ma soprattutto tradizione è la caratteristica principale di Tofani cosa che gli permette di differenziarsi dalle altre e di resistere al mutamento dei mercati.

Mario Valentino: calzature amate dal re Vittorio Emanuele e di personaggi dello spettacolo come Naomi Campbell, Jackie Kennedy, Marcello Mastroianni e le gemelle Kessler. Inoltre, Mario Valentino, viene indicato da molti come il creatore del tacco a spillo e del mocassino da donna

Sartoria Antonelli: Lello Antonelli con il suo atelier a Palazzo Leonetti, in via Dei Mille. Maestro, premiato ricorrente nei concorsi Forbici D’Oro, organizzati da Accademia Nazionale dei Sartori. I suoi abiti da uomo oramai hanno fatto il giro del mondo

Sartoria Solito: del Maestro Gennaro Solito e del figlio Luigi, dalla linea napoletana tradizionale, morbida e sobria che solo mani esperte sanno eseguire.

Sartoria Ambrosi: pantaloni arrivati a vestire principi arabi, oligarchi russi e magnati asiatici e americani. E oggi anche antropologi di Stanford vanno in via Nicotera per studiare il suo caso.

Sartoria Ciardi: uno dei pochi luoghi in via Fiorelli, dove si respira ancora l’atmosfera delle sartorie di un tempo. Per ogni cliente una giacca su misura, cucita addosso come una seconda pelle.

Sartoria Panico: nel febbraio del 1964 Antonio inaugura la sua prima bottega di sartoria a piazza Amedeo in Napoli. Oggi la sua fama si estende anche fuori dall’Italia; viene chiamato più volte in Giappone per poter soddisfare con il suo “su misura“ fatto rigorosamente a mano

Ulturale: famoso per quel cornetto in oro e corallo cucito all'interno della cravatta Tiè, come la tipica espressione partenopea che accompagna i gesti scaramantici scaccia iella.

Sartoria Gino Cimmino: oggi i suoi completi blu notte vestono politici e imprenditori italiani e giapponesi per il quale confeziona capispalla e camicie per il giorno, la sera e la cerimonia.

Antica Ditta Mario Talarico: ombrelli “di oro”. Nella sua bottega piena di legni e sete preziose, l’artigiano lavora seduto a un deschetto che ha più di duecento anni. Dove forgia modelli esclusivi ordinati dai tycoon giapponesi e capi di Stato, da divi del grande schermo e perfino dal Papa.

Tramontano: Per Tramontano a via Chiaia avere in bottega Catherine Deneuve, Woody Allen, Bill Clinton o Luca Zingaretti è consuetudine. Le sue borse fatte a mano, per uomo e donna, set da viaggio compresi, sono per qualità di materiali, finiture e design assoluti capolavori.

Salvatore Piccolo: il “su misura”, con selezione dei tessuti più nobili fino ai dettagli più esclusivi. Come la pince sul gomito, studiata per agevolare i movimenti sotto la giacca.

Tra i marchi più recenti segnaliamo Harmont&Blaine che propone capi eleganti ma anche accessibili; EntreAmis, specializzato in pantaloni, ispirati alla figura del gagà. Oppure Original Marines, adatto ad un pubblico più ampio. O spostandoci nell’intimo, Yamamay ormai vero e proprio prodotto di esportazione, per il quale fanno da immagine negli ultimi anni top-model di ultima delle quali Emily Ratajkowski. Come pure piace citare Briganti Collezioni, che sta rinnovando un simbolo di eleganza: il papillon. In pochissimi anni con un prodotto 100% partenopeo, realizzato a mano, in variopinte tipologie questi giovanissimi imprenditori stanno conquistando nicchie importanti del mercato italiano ed europeo.

Infine la formazione professionale, elemento trainante delle imprese del domani. Una menzione va all’Accademia della Moda l’unico ente privato di alta formazione del Sud Italia, oggi guidata da Michele Lettieri, dalla “vision” a metà tra tradizione partenopea e internazionalizzazione. Oggi conta 800 iscritti, tra corsi di: Design della Moda; Design e Architettura degli interni e Graphic Design e Comunicazione visiva, studenti italiani ma anche dalla Cina, Nord Africa, Turchia, Spagna, Portogallo e Grecia. Qui l’80% di chi si diploma o laurea trova un’occupazione in pochi mesi. Come dire a Napoli, la sartoria, il fashion sarà sempre di moda.