IL FESTIVAL DELLA CANZONE NAPOLETANA, STORIA DELLA FASTOSA KERMESSE CHE CERCA DI RITROVARE GLI ANTICHI FASTI

enzo buona

Se, simbolicamente, il Festival di Sanremo è ricordato per "Grazie dei fiori", primo motivo vincitore della rassegna ligure, il Festival della Canzone Napoletana può essere rappresentato da Tu sì 'na cosa grande, che vinse l’ edizione del 1964.

Su iniziativa della Rai, nel 1952 si organizza la prima rassegna canora napoletana. La vecchia festa di Piedigrotta che, per tradizione, era il trampolino delle più celebri canzoni partenopee, lasciava il passo al Festival della Canzone Napoletana. Come sede viene scelto il Teatro Mediterraneo. La formula: tre giorni, venti canzoni, due serate eliminatorie ed una finale con dieci canzoni con duplice esecuzione una in napoletano e l’altra in italiano, affidata a due orchestre differenti per permettere al pubblico, volendo, anche di poter scegliere tra le due interpretazioni, la migliore da ascoltare e acquistare.

Nelle 18 edizioni del Festival di Napoli furono presentati circa quattrocento brani con vincitori quali Nilla Pizzi, Domenico Modugno, Claudio Villa. Protagonista assoluto Aurelio Fierro con cinque Festival vinti, mentre tra le donne, reginette furono Maria Paris e Mirna Doris con due vittorie a testa. Come presentatori, lo scettro a Mike Bongiorno e Pippo Baudo (con quattro conduzioni a testa). La prima edizione fu vinta da Nilla Pizzi vinse nel 1952, assieme a Franco Ricci con la canzone Desiderio ‘e Sole.

La kermesse si interruppe nel 1971. Il festival doveva essere presentato da Daniele Piombi e Aba Cercato insieme a Ugo Frisoli ed Enzo Berri. Ma a poche ore dalla diretta arrivò l’ordine della magistratura di bloccare la manifestazione. C’era stato un esposto di alcuni autori esclusi dalle selezioni, che parlava di favoritismi e imbrogli. Acampora, De Crescenzo ((l’autore di Luna Rossa e papà di Eddy Napoli), Aterrano, Gallifuoco, Pagano, Palleggiano e Somma, gli autori esclusi, accompagnati dal loro legale Avv. Di Criscio, infatti avevano presentato una denuncia al Sostituto procuratore della repubblica Krog chiedendo in base agli artt. 337 e 340 del codice penale il sequestro del materiale del festival 1971. Secondo gli autori dell’esposto, nei locali dell’Ente Di Giacomo in Via Roma, tutte le canzoni degli autori esclusi, partiture, testi, provini, risultavano ancora chiuse, e sigillate con la ceralacca, nei plichi originari. Quindi, come aveva fatto la commissione a scegliere i brani selezionati se non aveva ascoltato tutte le canzoni presentate? Per i legali si trattava d’imbroglio e anche di una discriminazione a vantaggio di autori, parenti ed amici dei giurati.

Il Procuratore decise allora di bloccare il festival e purtroppo ci andarono di mezzo anche incolpevoli interpreti, alcuni di fama, mentre Mario Abbate addirittura inscenò un suicidio subito rientrato.  A nulla valsero le interrogazioni al Consiglio Comunale dove c’era, tra gli altri, Aurelio Fierro (allora consigliere comunale DC) per convincere la RAI a riprendere la trasmissione, ma inutilmente. Gli organizzatori furono chiamati in giudizio. Ma nel processo dopo qualche anno, furono assolti per insufficienza di prove in merito al giudizio sulle canzoni e con formula piena per il mancato festival.

Ma oltre le cause legali potremmo citare altre due cause che resero il Festival non più attraente: una di ordine sociologico, l’altra di ordine qualitativo

Intorno alla metà degli anni '60 la maggioranza degli italiani è giovane; è la generazione cresciuta nel boom economico e anche abbastanza istruita. Questo è il pubblico dei consumatori, ed a loro, ai giovani sono destinate oramai le grandi operazioni di mercato nella moda, nella letteratura, nel cinema, nella musica e così via. E' un pubblico affamato di novità e le novità vengono dall'estero, soprattutto da Inghilterra e Stati Uniti. La canzone napoletana, che sa di vecchio non interessa a questi nuovi consumatori

Qualitativamente pochissime, le canzoni degne di essere ricordate tra le 400 nelle diciotto edizioni: Guaglione, Lazzarella, Vurria, Indifferentemente, Tu si'na cosa grande, Me chiamme ammore. Una qualità molto condizionata anche dalla presenza delle giurie esterne visto che si votava anche a Trieste, a Milano. Il potere delle case editrici del Nord divenne alto: bisognava scrivere le canzoni che volevano loro, pieni di luoghi comuni su Napoli, ‘A pizza è di un autore milanese, la musica di Guaglione è di un milanese, ecc… I cantanti di nome, erano sempre meno, il pubblico televisivo in diminuzione. I manager, in gran parte del Nord imposero inoltre agli autori e agli editori il pagamento di una tassa esosa per accedere alla gara. Lo scontento degli editori napoletani fu eclatante anche perché il festival era diventato ormai quasi l'unico canale promozionale per la canzone napoletana, costretti a scrivere in pratica una sola canzone all'anno e a puntare su questa ogni possibilità di successo, contendendosi per di più i posti disponibili. Memorabile fu l'episodio che vide protagonista lo scrittore Giuseppe Marotta, che schiaffeggiò in Galleria un membro della commissione giudicatrice.

Potrà più ritornare il grande festival della canzone napoletana così come c’era stato fra il 1952 e il 1970? Difficile, oggi i canali della diffusione musicale sono diventati altri, molto più capillari e tecnologici di un festival. Ma Mogol, autore dei testi delle più popolari canzoni di Lucio Battisti, crede che ciò sia possibile. Non a caso si sta impegnando nella rinascita del festival che nel 2019 lo vedrà come direttore artistico.