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parlamento-italiano - Il Foglio

Una riflessione, questa, ispirata dall’inguaribile ottimismo della volontà, nella domenica del voto, a urne aperte, del tutto autoconsolatoria e – sia consentito dai 18 lettori che leggono! – persino autoreferenziale, in attesa dei risultati elettorali, dai quali ci si augura, con tutte le riserve dettate dal pessimismo della ragione sempre in agguato, possa uscire una maggioranza parlamentare, solida e coesa, in grado di sostenere un governo stabile, capace di affrontare, nel corso della XIX Legislatura, il complesso capitolo, del tutto sottaciuto, esorcizzato o manipolato strumentalmente nella bagarre della campagna elettorale delle ultime tre settimane: il capitolo delle riforme.

Riforme strutturali, costituzionali e dei Trattati dell’Unione, nonché quella elettorale. Anche le misure, urgentissime e immediate, indispensabili per fronteggiare le emergenze della crisi energetica, dell’inflazione, della incombente recessione, del carovita e della sopravvivenza stessa delle famiglie e delle imprese, specie le micro, medie e piccole, non potranno prescindere dallo scenario di queste riforme di medio e lungo termine, di cui il nostro paese ha vitale bisogno, senza dover rinviarle, sine die, a una futura ipotetica legislatura. Ipotizzare, di contro, una frammentazione del parlamento, con un esecutivo allo sbando, evoca prospettive e soluzioni da brivido, che, in questa sede, è necessario obliare! Con due doverose premesse: la politica estera e la posizione internazionale dell’Italia; l’attuazione del Pnrr.

 

LA POLITICA ESTERA E L’ATTUAZIONE DEL PNRR

Chiunque sarà chiamato a governare, nonostante tutti i distinguo della vigilia, i putinismi di ritorno, allusi o dichiarati, i pacifismi vetero-ideologici, di destra e di sinistra, gli antiamericanismi di piazza, nonché le stupefacenti elucubrazioni senili pro-Mosca, non potrà mettere in discussione la nostra convinta appartenenza al mondo occidentale, all’Alleanza Atlantica, all’Unione Europea e, di conseguenza, il sostegno alla guerra di liberazione ucraina dall’invasione russa. Anche un minimo sbandamento sul tema, che include, quindi, la scelta di ministri di garanzia occidentale ed europeista, nei cinque dicasteri-chiave (Affari Esteri, Interno, Economia, Difesa e Rapporti Europei), porterebbe, nel giro di pochi mesi, se non di settimane, alla caduta rovinosa del nuovo esecutivo. Lo stesso esito letale provocherebbe la mancata o ritardata attuazione del Pnrr, come sottoscritto formalmente con l’Unione, determinando una rottura insanabile con le istituzioni europee, con la conseguente perdita delle ingenti risorse finanziarie programmate e il prevedibile terremoto sui mercati finanziari, spread alle stelle, default del nostro debito pubblico e dimissioni del neonato governo! Eventuali aggiornamenti di cifre sui progetti, non del tutto definiti, gestiti con accortezza diplomatica dal nuovo esecutivo, nel rispetto sostanziale degli accordi già sottoscritti, purché concordati con l’Unione, non potrebbero essere esclusi, se non provocassero inadempienze, allarmi e danni.

 

LE RIFORME STRUTTURALI

Unimpresa ha tenuto, nel settembre del 2020, in Senato, un interessante convegno di studi sulle riforme strutturali, necessarie ad ammodernare il nostro paese, rendendolo più civile, più equo, più vivibile e più appetibile ai cittadini, alle imprese, alle famiglie, ai lavoratori e agli investitori stranieri, recuperando ritardi di decenni, causa anche di cronici squilibri territoriali, nello sviluppo e nell’occupazione, a partire dalla riforma organica del fisco, dalla riforma della giustizia, penale e civile, dalla rivoluzione digitale, dalla semplificazione amministrativa e dalla concorrenza. Tutti hanno riconosciuto che le riforme strutturali fossero (e sono!) connesse direttamente all’attuazione del Pnrr. E tutti sappiamo, almeno chi abbia esperienza di alta amministrazione, che le riforme non si realizzano con l’approvazione parlamentare di provvedimenti di legge o di deleghe al governo. Il lavoro politico- amministrativo del “dopo”, attraverso decreti attuativi o delegati, nonché tramite il pedinamento fino alla loro attuazione concreta, resta essenziale, determinante, altrimenti abortiscono e generano solo aspettative tradite e sfiducia, Ebbene, le riforme strutturali, anche quelle approvate, sono rimaste in mezzo al guado. Alcune impantanate nelle sabbie mobili della burocrazia. Il futuro premier, uomo o donna che sia, nel suo discorso programmatico dovrà dare risposte puntuali sul destino di queste riforme, nonché sugli aggiornamenti e sulla tempistica, in primis su quella del fisco, strettamente collegata alla ripresa economica e all’impiego delle risorse del Pnrr.

 

LE RIFORME COSTITUZIONALI

Anche sulle riforme costituzionali, Unimpresa ha espresso un giudizio favorevole, partendo dalla premessa che le modifiche non riguardino i princìpi della Carta, intangibili, ma soltanto la seconda parte, intesa a rafforzare il ruolo dell’esecutivo e del primo ministro, nei suoi rapporti con il parlamento e con gli altri organi costituzionali. Continuando a urlare che abbiamo la Costituzione “più bella del mondo”, per cui essa dovrebbe restare immodificabile, per l’eternità, nei secoli dei secoli, significa non prendere atto della debolezza, della precarietà e della intempestività dell’attività di governo, in un mondo che corre velocemente e non aspetta i nostri colpevoli ritardi. Negli ultimi decenni e, in particolare, nell’ultimo biennio, i governi hanno fatto un massiccio ricorso, per sopperire, talvolta impropriamente e abusandone, alla legislazione di urgenza, ai decreti-legge, mortificando il ruolo del parlamento. Parlare di modifiche della Costituzione significa attentare alle libertà e aspirare a una dittatura? Dobbiamo forse continuare così, distogliendo lo sguardo dal premierato inglese, dal cancellierato tedesco o dal semipresidenzialismo francese? Possiamo mummificare la Carta e rinunziare a guardare in faccia alla realtà? Infantilismi ideologici che, magari senza volerlo, salvaguardano rendite di posizione e grumi di potere ingiustificati, stratificati nel tempo, a spese della collettività. Il nuovo premier, quindi, nel suo discorso programmatico chiarisca i progetti di riforma costituzionale, le modalità delle procedure, i tempi e i modi per coinvolgere tutte le forze politiche rappresentate, nel rispetto assoluto dell’art. 138 della Costituzione, tenendo ben presente i pregressi fallimenti delle commissioni bicamerali e l’ipotesi di una sessione costituente! Se i padri costituenti hanno previsto una procedura ad hoc, tranne che per la forma repubblicana dello Stato democratico, perché mai questa isteria antiriformatrice? Unimpresa ha anche suggerito, a ulteriore garanzia, che il premier si debba impegnare, politicamente, a far tenere un referendum confermativo, anche nel caso che la riforma passasse, nella seconda lettura, con la maggioranza qualificata dei due terzi delle due assemblee. La nostra democrazia parlamentare si deve autoriformare, altrimenti sarà destinata a defungere.

 

LE RIFORME DEI TRATTATI DELL’UNIONE

Un nostro esecutivo, più forte e più stabile, a somiglianza dei più importanti partner europei, avrebbe più forza e maggiore determinazione, nel Consiglio europeo e nelle altre sedi istituzionali, a proporre e a sostenere quelle riforme essenziali dei trattati per un corretto, tempestivo e incisivo funzionamento dell’Unione. L’inadeguatezza delle procedure, legate ancora al diritto di veto, ha condizionato le decisioni e le proposte, in un tempo di tensioni internazionali drammatiche, nelle quali l’Europa è stata ed è direttamente coinvolta. Le vicende legate alla crisi energetica e al sostegno all’Ucraina hanno dimostrato come lo spettacolo dell’impotenza dell’Unione, nel quadro geopolitico mondiale in movimento, con le minacce nucleari della Russia putiniana, le divisioni tra i paesi membri e gli opposti interessi, potrebbero, nel prossimo futuro, minacciare la stessa esistenza dell’Unione politica, economica e monetaria! Il nuovo premier, uomo o donna che sia, sul punto dovrebbe esprimersi con chiarezza, non per indebolire l’Unione, attaccandola gratuitamente, ma per rafforzarla, specie nella politica estera, economica e di difesa comune. Essere europeisti non significa idolatrare lo status quo, ignorando la realtà, ma guardare al futuro, tenendo ben fermi i princìpi che ci legano al destino comune del nostro continente e che rappresentano il lascito, morale prima che politico, di Spinelli e di De Gasperi, di Monnet e di Schuman, di Adenauer, di Beck e di Spaak.

 

LA RIFORMA ELETTORALE

Nessuna parte politica, nel corso della disgraziata legislatura 2018/2022, ha difeso il cosiddetto “Rosatellum”, neppure chi lo propose e chi lo approvò. Nessuna parte politica, tuttavia, ha fatto un solo passo avanti per riformare la legge elettorale, da tutti vilipesa, neppure quando lo scriteriato taglio dei parlamentari la imponeva, per una logica elementare di adeguamento. Per una ragione semplice: le riforme elettorali serie si fanno all’inizio delle legislature, non alla fine, in quanto, nell’approssimarsi delle elezioni, prevale, e si impone, il calcolo elettoralistico più conveniente all’appuntamento, in tal modo i leader politici si scambiano disinvoltamente la casacca maggioritaria con quella proporzionale, e viceversa, rinnegando anche precedenti argomentazioni diverse, proclamate a riguardo. Così è rimasta in vigore la casacca arlecchino del “Rosatellum”! Bisogna chiarire che non esiste una legge elettorale perfetta, ma solo quella che può garantire la massima rappresentanza possibile con l’esigenza di stabilità delle maggioranze e dei governi. A meno che non si opti per l’elezione diretta del premier, come nel caso dell’elezione dei sindaci e dei presidenti delle Regioni, con tutti gli annessi e connessi. Il nuovo premier, uomo o donna che sia, nel suo discorso programmatico farebbe bene a non tralasciare di indicare le linee-guida di una riforma elettorale, da approvare nella prima parte della legislatura, in armonia con le riforme costituzionali.

 

“To be, or not to be, that is the question” (Shakespeare, “Amleto”, atto terzo, scena prima)

(*) Segretario Generale di Unimpresa

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