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Risultati immagini per moschino pe 2020

di FRANCESCA ANZANI CILIBERTI

Quante volte capita di guardare abiti sfilare in passerella e pensare “in che occasione è possibile indossarli?” La verità è che, a meno che non si debba sfilare sul tappeto rosso del Festival di Venezia, andare a vedere la finale di Wimbledon in compagnia di Kate e Meghan oppure non si possa proprio declinare l’invito a cena di quel caro amico sceicco, le collezioni “haute couture” sono vere e proprie mostre a cielo aperto di cui ammirare la leggiadria dei tessuti e la sontuosità delle forme.

Abiti tanto belli quanto difficili da poter indossare così come li vedi ad un aperitivo con le amiche. Se è vero che giuridicamente parlando è stato finalmente riconosciuto alla moda o perlomeno ad alcune sue creazioni lo status di “arte”, abbandonando una volta per tutte la primordiale idea che gli abiti servano soltanto per coprire il corpo rendendoli dunque suscettibili di protezione in tema di diritto d’autore, è vero anche che le creazioni portate in passerella dai più celebri stilisti, seppur esasperate e spesso ai “limiti del mettibile”, sono un po’ come il Corano per il popolo arabo, linfa vitale per le più accanite fashion victim, punti di riferimento cui ispirarsi per creare uno street style very cool che strizzi l’occhio ai trend del momento. E dunque, sebbene le tendenze partano e nascano proprio sui quei palchi lì, è il mercato economico che, assorbendole, le massifica allo scopo di renderle alla portata di tutti (vedi Zara, Hm, Stradivarius ecc.). Ciò che è importante sottolineare per cogliere appieno il suo ruolo all’interno di un processo di positivo trasformismo sociale, è che l’alta moda, oltre ad essere motore economico e tecnologico, è anche e soprattutto deposito di immaginario e di dispositivi simbolici per la modernizzazione. E quindi, tralasciando l’aspetto economico che si cela dietro l’industria del fashion e tornando a quello che vuole essere il fulcro del discorso, è dalla storia dei tempi che la moda, oltre ad esser come abbiamo detto essa stessa un "predicato" dell'arte in quanto frutto di carattere creativo, elogia e si ispira costantemente ai tratti somatici di una determinata epoca, al mondo della cinematografia, a correnti letterarie o a generi musicali essendo altresì in grado di cogliere i caratteri identitari di una nazione, o ancor più nello specifico di una regione, dandogli nuova vita attraverso le loro personali collezioni. Ciò che fa è “riesumare” e riadattare in chiave moderna il passato per renderlo futuro. Le sue ispirazioni sono continue e multiformi. Si pensi, ad esempio, ai richiami settecenteschi delle uniformi degli ufficiali militari o al ritorno ai Seventies con collezioni in perfetto stile “Woodstock”, allo stile minimal-chic di Vacanze Romane, agli abiti in stile flapper del Grande Gatsby o ancora allo stile androgino di una giovane Dian Keaton in una delle pellicole più celebri di Woody Allen e infine a Dolce e Gabbana e al suo forte e chiaro richiamo alla Sicilia e al suo famoso “carretto” o alla bella Napoli e ai suoi caratteristici “quartieri”. Volendo fare un esempio più recente, nell’ultima fashion week spring-summer 2020, tenutasi a Milano lo scorso settembre, la moda non è mai stata così vicina all’arte. Moschino ha portato in passerella una collezione ispirata interamente al cubismo e al suo più grande esponente: Picasso. Jeremy Scott, direttore creativo della maison, ha creato abiti che sono veri e propri quadri. Guernica, El Matador, i celebri Papier collè, questi alcuni dei richiami presenti sugli “abiti scultorei” di Scott, molto più venerabili in qualità di opere che indossabili in qualità di mise! Le modelle sono tele sulle quali dipingere, incorniciate da abiti dallo stampo architettonico, dalle linee geometriche e forte è il richiamo all’estro del pittore spagnolo, alla sua storia, alle sue ispirazioni. La donna è musa delle sue opere e Moschino mette in luce anche questo aspetto portando in scena una moderna senorita, dall’attitude spagnola, in un tripudio di colori e con una sferzante “allure fiabesca”. Del resto si tratta sempre di direttori creativi e nonostante il binomio arte-moda sia sempre tema di accesi e controversi dibattiti, non c’è arte senza spettacolarizzazione, estremizzazione e fantasiosa astrazione e Jeremy Scott in questo caso esce fuori dalle righe e stupisce “a colpi di pennello” l’intera platea.

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